giovedì 29 dicembre 2011

Auguri


Il mio blog per qualche giorno sarà a riposo.
Con questo post voglio augurare a tutti un felice anno nuovo, che sia un 2012 all'insegna della giustizia sociale.

Auguri a tutti.

Chiara

Quando a truffare è l' "assistente sociale"..

...sì ma non un assistente sociale abilitato, no, bensì persone che si spacciano per tali per truffare le persone.

E' risaputo che gli anziani sono bersagli facili, che ogni tipologia di operaio da quello del gas, della luce e persino dell'acqua è stato strumentalizzato e che tante sono le segnalazioni fatte (e le simulazioni) per sensibilizzare l'anziano, e qualsiasi cittadino, a non aprire se non previo avviso o comunicazione.
Bè, ma se è a suonare al campanello è l'assistente sociale senza preavviso?
Che faccio? Apro?


NO!!

Non si apre alla "prima" assistente sociale che ha la brillante idea di suonare al vostro campanello, perchè l'assistente sociale non lavora così. Certo, è uno strumento che utilizza, quello della visita domiciliare, come il medico ma, in entrambi i casi dev'esserci un contatto precedente, una conoscenza, una reale motivazione che porta il professionista a casa vostra.

Un professionista dell'aiuto come l'assistente sociale prima costruisce con l'utenza una relazione che si basa sulla fiducia, che permetta ad entrambi di conoscersi e soprattutto non si presenta senza motivo alla porta di casa, se lo fa è perchè vi è un reale motivo e soprattutto, la visita dev'essere programmata, sennò vietato aprire la porta a chi si spaccia per assistente sociale.

Nella truffa s'è imbattuta un'anziana di 90 anni che, nonostante avesse specificate alle due finte assistenti sociali di non essersi mai rivolta ai servizi sociali, ha ricevuto un bel regalo di Natale, la casa svaligiata.
Concludo dicendo che, la professione e l'immagine dell'assistente sociale non sono amate dalla collettività, alcuni non sanno neanche quale sia il lavoro che viene svolto dai servizi e dagli operatori, è bene quindi denunciare e portare alla luce queste truffe e spiegare alla cittadinanza - tutta - che lavoro svolge l'assistente sociale, qual è il suo modo di operare, con quali principi e valori e soprattutto a quale scopo.

Ribadisco: non aprite la porta se a suonare è un assistente sociale che con voi non ha mai avuto a che fare.

Chiara

mercoledì 28 dicembre 2011

Gioca responsabilmente!!

Ogni pubblicità che sponsorizza giochi on line, giochi d'azzardo, gratta e vinci e simili termina con questa frase "gioca responsabilmente" e non è una "massima" nuova, è presa uguale uguale da quelle reclam che ci invitano a bere Rum e prodotti affini "bevi responsabilmente".

Assolutamente corretto sottolinearlo e non indurre il consumatore a bere quasi tutta la cantina più vicina a casa e non svuotare il primo tabaccaio che trova sulla strada, ma quello che non passa è il messaggio che sottolinea a chiare lettere che: giocare, bere ed altre pratiche portano dipendenza, ossia come le ciliegie un bicchiere tira l'altro, un gratta e vinci tira l'altro.

Ho in mente la scena di una signora anziana in tabaccheria che chiede al tabaccaio 100€ di giocate al lotto, sottolineando che, quelli erano gli ultimi soldi della pensione. Io non mi sono fatta avanti perchè non conoscevo la signora ma, il tabaccaio sì, e non ha esitato a fare le giocate, le ha preso io 100€ e le ha dato i biglietti con i numeri...sfortunati, perchè non vinse.

Mi chiedo perchè tempestare televisioni e siti internet con pubblicità ed inviti a giocare con lotterie, slot machine, poker on line e spuntano come funghi le agenzie di scommesse, che facendo leva sulla psicologia, sono locali tutti colorati ed invitano anche a bere qualcosina e sedersi su comodi divani.

Non voglio mettere in dubbio l'autodeterminazione di ciascuno, ognuno è libero di scegliere e di creare il proprio destino ed anche cercare fortuna ma, sarebbe il caso che oltre alla pubblicità venissero anche spiegati gli effetti del gioco d'azzardo, le conseguenze che si possono ripercuotere su chi si trova nella rete del giocatore.
E soprattutto sarebbe da chiedersi, cosa intendono per "responsabilmente"?

Chiara

venerdì 23 dicembre 2011

Auguri di Buon Natale



Ed auguro a tutti i miei lettori - presenti, passati e futuri - tanti auguri di Buon Natale.
Che tutti possano passare delle liete e serene giornate con i propri cari.

Chiara Biraghi

giovedì 22 dicembre 2011

...a Natale... tutti più buoni

Questa frase non mi piace.
Motivo? Perchè solo a Natale? Cos'è questo Natale che rende tutti più buoni?

No, non mi dilungherò con discorsi di nascite di bambinelli e simili, non sono la persone più adatta e non è neanche lo scopo di questo, breve, post.

Mi chiedo perchè a dicembre, col freddo che fa, si "deve" essere tutti più buoni? Saranno mica tutti quei pandori con la crema di mascarpone sopra?

Io credo che se fossimo tutti i giorni un poco più buoni, avremo un modo migliore.

- Dare uno sguardo all' "altro"
- Non giudicarlo ma, accompagnarlo
- Tendere una mano quando vediamo che una "vita" barcolla
- Offrire un orecchio quando il silenzio diventa così assordante da rendere tutto incomprensibile

...

insomma, non aspettiamo Natale per fare un "regalo", facciamo sì che tutti i giorni siano la spinta, il motivo che ci porta all'apertura, alla condivisione ed alla comprensione.


Chiara

martedì 20 dicembre 2011

La Milano che corre alle 7 del mattino.

Il mattino ha l'oro in bocca, la saggezza popolare non ha mai "sbagliato" un colpo.

Perchè non sfruttare appieno una giornata e lasciare che le ore migliori vengano perse?
E così, già alle 7 del mattino Milano corre, corre, corre e ti sorpassa.
Da qualche anno non abito più nella "mia" Milano e ho potuto assaporare un ritmo di vita più tranquillo, dove sì c'è traffico ma, quando si corre è solo per il clamoroso ritardo.

Ieri, da spettatrice, ho osservato la Milano sotterranea e la Milano in superficie.
Che corse, quante persone che tagliano la strada senza prestare attenzione a chi si trova davanti e dietro.
"Ehh se non ti butti" è la frase più ricorrente.
Certo se tutti corrono nessuno ha il tempo per pensare che anche un'altra persona deve passare, ma quello che più mi ha colpito è l'assenza di scambi di sguardi.
Nessuno ha incrociato il mio sguardo, io lo cercavo fra la folla ma, non ho avuto fortuna.
Solo quello di un bimbo in braccio alla mamma che chiedeva l'elemosina sul vagone della metro.

Un dolore al cuore, certamente. Il confronto con la realtà frenetica mi ha bruscamente riportato alla realtà, era la mia fermata, dovevo scendere, le porte non erano quasi aperte che... ero già stata sbalzata fuori.

Mi chiedo, ma tutto questo correre, non potrebbe essere ridimensionato?
Se è per l'assenza di mezzi di trasporto, perchè i cittadini tutti non ne richiedono? Il biglietto lo pagano, no? anche chi viene da fuori.
Se è per la sveglia che suona troppo tardi, anticipatela, la sera si va a dormire prima e la mattina si ha tempo per non investire nessuno, nè al semaforo nè sulle scale di una stazione.

I motivi possono essere tanti, il lavoro e l'orario ci sono ovunque, sarebbe bello recuperare un pò il nostro tempo e lo sguardo altrui, può nascondere tante cose, anche un sorriso, che in tutte le ore del giorno fa sicuramente bene.


Chiara

giovedì 15 dicembre 2011

Proporzioni: Progetti e bisogni 100 fondi 0

I numeri non mentono mai, possiamo essere anche carenti in matematica ma, quando ci troviamo di fronte a determinati segni, non possiamo interpretare in maniera errata.
Fatta questa doverosa premessa voglio cercare di capire come si potrà andare avanti nel nostro paese, e così in un qualsiasi paese, dove i cittadini hanno bisogni da soddisfare, hanno diritti esigibili e che adempiono ai loro doveri.

Partiamo dai numeri: il primo che voglio citare è 328 numero di una legge del 2000 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi), sistema integrato non mera assistenza;
procedo con questi numeri: Fondo nazionale per le politiche sociali: nel 2008 poteva contare di 929,3€ nel 2011solo di 275€, Fondo per la famiglia nel 2008 era di 346,5€ mentre nel 2011 arriva a  52,5€, Fondo per le non autosufficienze nel 2008 era di 300€ quest'anno 0€...e non voglio proseguire con i numeri perchè il quadro che sto disegnando, oltre che a far male, fa innervosire.

Fa male ai genitori, ai giovani, ai cittadini tutti che si vedono portare via quello di cui hanno bisogno e non sanno dove e come poter trovare una soluzione. Stiamo assistendo a troppi episodi di violenza ma, che stanno rappresentando molto bene l'Italia di oggi e quella che verrà.
Non possiamo accettare di risentire: "Il popolo ha fame dategli le brioches!", il popolo ha fame, bene facciamo tutti sacrifici e ripartiamo, facciamo ripartire la macchina Italia che si sta per spegnere.
Non mi manca la fiducia nel nuovo governo, ma mi mancano le soluzioni.

Progetti negli ospedali, meravigliosi ed innovativi da rimandare perchè non ci sono i soldi,  ma vediamo pazienti dimessi col drenaggio, conseguenza: la morte.
Progetti nel terzo settore: da mettere nel cassetto perchè gli enti locali non hanno i fondi, o come si legge si intascano i soldi e, con la scusa della crisi, non vengono accusati perchè c'è l'alibi.
Famiglie che non sanno come sfamare figli, anziani che rubano, pensionati che devastano sportelli Inps, migranti che si vedono negato il diritto allo studio.

Come si può andare avanti così e definirsi un paese civile Abbiamo delle leggi da rispettare, leggi che hanno anche un'ottica europea, diamogli attuazione.
Non possiamo tornare indietro di 100 anni e basarci sull'assistenza al povero, cerchiamo di rinascere dalle nostre ceneri, valorizziamo il merito, riscopriamo i valori della comunità, non nascondiamoci dietro al tanto c'è la mia mamma che paga...


Siamo persone, tutti, dal politico al senza tetto e dobbiamo godere degli stessi diritti di cittadinanza.


Chiara

mercoledì 14 dicembre 2011

L'amicizia...per tutti i miei amici - vicini e lontani -

Nasco, cresco, inciampo (e le ginocchia ne risentono, adesso bè non sono così belle da vedere), mi rialzo, c'è chi mi tampona le ferite e chi invece me le provoca.
A volte sono stata masochista e "quella" ferita me la sono inferta.

E' la vita questa, ma la vita sa anche dare un colpo a quella ruota e ti permette di incontrare, a volte nei modi più impensati, persone che "viaggiano" con te e - a volte - ti "pagano anche il biglietto".
Non c'è una regola, non c'è un segno...quell'incontro avviene!

Parli tu, parla lui e si scopre quante sono le cose che si condividono, quali sono i punti di divergenza...che spesso possono portarti anche a conoscere meglio quello che, presto, diventerà tuo amico.
Ed eccolo lì, quel piccolo rapporto cresce, inizia a formarsi il noi ed ecco che il fiore dell'amicizia è sbocciato.

Prima, l'amico, era quello che tutti i giorni vedevi a scuola, al muretto, era quella persona con la quale passavi ore al telefono. Adesso è ancora così ma, grazie ai social network, si conoscono persone che magari abitano chilometri lontano da te ma, che ogni giorno, con un messaggio, con un "poke", con uno squillo...ti fanno sentire che ci sono.
E' anche quello un rapporto vero, è anche quello una piantina da coltivare, la distanza non dev'essere una maschera.
Io nel mio viaggio sto incontrando persone favolose, alcune mi danno forza, altri consigli, altri suggerimenti ed altri ancora speranze..ma con tutte loro voglio proseguire raggiungendo le mie / nostre mete.

Teniamo "al caldo" il valore dell'amicizia, riscopriamolo e diffondiamolo ne trarremo - sicuramente - buoni frutti.

Anche l'amicizia è un pensiero sociale...

Un grazie a tutti i miei amici!

Chiara

martedì 13 dicembre 2011

...quando si ruba per fame

Le notizie di questi giorni stanno fotografando molto bene le condizioni del nostro paese e di come la cittadinanza reagisce.
Assistiamo a suicidi perchè "non ce la faccio più ad andare avanti", veniamo a conoscenza di risse e gli anziani si trovano costretti a rubare perchè la fame morde, perchè la pensione non basta, perchè i servizi sono carenti e perchè mangiare è un bisogno primario di tutti.

Questi anziani magari avranno anche insegnato ai loro nipoti "le buone maniere", avranno dato loro la "paghetta" ma, quando svestono i panni di nonni, si trovano a far i conti con una vita che non regala più nulla.
Che fare, dunque? 
- Morire di fame?
- Chiedere l'elemosina?
- Rivolgersi ai servizi? (che per inciso, come dichiarato dalla Presidente dell'Ordine degli Assistenti Sociali, "il settore del servizio sociale professionale sta diventando sempre più marginale e ristretto")
- Chiedere aiuto alla propria famiglia?
- Rubare?

Tutte probabili soluzioni ma, la prima e la seconda non sono auspicabili, la terza bè potrebbe essere un'ottima idea ma, con i tagli ai Fondi c'è poco da sperare, la quarta attuabile ma, se anche la famiglia non naviga in buone acqua risulta difficile chiedere un aiuto, ed infine andare a rubare con la speranza di farla franca.
E' difficile ma la fame spinge a comportamenti impensati e così, anche l'anziano, si vede costretto a rubare una fettina di carne per poter risparmiare e pagare le utenze.

Anzichè condannare il gesto, andiamo oltre, all'origine ed alla spirale viziosa che ha portato a questo gesto? E soprattutto cerchiamo di capire come fare per evitare altri episodi del genere.
Una soluzione è stata proposta da la Cooperativa "Il Mandorlo" e la Comunità Emmanuel che hanno dato vita ad un emporio solidale, dove le famiglie che si trovano in difficoltà possono fare la spesa gratuitamente per poter arrivare a fine mese.

Iniziativa lodevole ma, questo non deve far "sedere sugli allori" chi ha il dovere di sostenere i suoi cittadini, tutti, dal più piccolo al più anziano, riconoscendo quelli che sono i diritti esigibili per Costituzione.


Chiara

lunedì 12 dicembre 2011

E' tutta questione di "pelle"?



"Ma tu non sei come gli altri, sei nera!"
Affermazione aberrante, che diventa ancora più ripugnante se a pronunciarla è un'insegnante di una scuola media.
Un elaborato di geografia che se scritto da una ragazzina "bianca" vale 9, se scritta da una ragazzina "nera" merita un 7.
Il fatto è emerso grazie alla bambina che, tornando a casa, ha raccontato alla mamma quello che è accaduto. La mamma non s'è tirata indietro, ha chiesto spiegazioni e persino la classe di alunni ha confermato quelle parole.
E non è la prima volta, poichè la donna di 40 anni, prima insegnava anche italiano e storia, le rimaneva solo la geografia e chissà adesso?

Non è stato preso nessun provvedimento disciplinare, ma non sta a me / noi giudicare ed infliggere pene, ma è doverosa una riflessione.
Da anni, da secoli si lotta contro ogni forma di razzismo, gruppi, denunce, battaglie e persino Tesi di Laurea (compresa la mia) ma, sembra che ancora nulla sia cambiato.

Si fa una questione di pelle, di colore e di diversità. 
Ma chi sono io per poter definire l'altro..."diverso"?? 
Una canzone faceva così "abbiamo due braccia, due mani ,due gambe, due piedi, due orecchie ed un solo cervello" quindi, dove sta tutta questa diversità?
Certo abbiamo culture differenti che ci formano, ma è questo il bello, condividere le proprie origini e capire meglio gli altri.

Questo messaggio dovrebbe essere un motto per tutti coloro i quali lavorano nel sociale, nel campo dell'educazione e della sanità.
Interculturalità è la parola chiave, non possiamo fare finta di nulla.

"I soggetti "mancanti" della società. La diversità come valore e principio nella prospettiva interculturale"

Chiara

Un grazie a Daniele Silvestri e la sua "Le cose che abbiamo in comune".

mercoledì 7 dicembre 2011

Quando il sesso non è "piacevole"

Da che mondo è mondo si fa sesso. E da che mondo è mondo è tabù, determinate resistenze sono venute a cadere ma, ancora oggi alle porte del 2012, si fatica a parlare di sesso, si condanna chi parla di "preservativo" in tv, ma poi? Poi tocca leggere notizie che fanno male al cuore e sconvolgono la mente.
Nuove pratiche, nuove idee talvolta al limite.
Si passa dall'alcool al sesso, alla droga come se nulla fosse, senza considerare quali siano le conseguenze.

E queste si conosco, la maggior parte di noi sa a cosa va incontro quando compie una determinata azione, ma ho letto più volte queste parole "non pensavo sarebbe capitato a me", "ma per una volta" e simili. Dimostrano incoscienza quanto menefreghismo.

Quindi, dopo l'alcool negli occhi o imbevuto nel cotone e poi infilato in posti impensabili, siamo arrivati al "sexting".
"Sexting": invio di immagini sessuali via internet o via cellulare a persone conosciute e non e viene praticato senza differenze di genere.

L'Eurispes ha denunciato una situazione al quanto preoccupante: sesso non protetto, sesso virtuale ed immagini pornografiche che vengono condivise sul web, e che, come oramai sappiamo, nel giro di pochissimo fanno il giro del mondo.
L'istituto di ricerca ha anche dato una spiegazione a queste nuove pratiche: "incapacità e paura del confronto col coetaneo" .

Se riflettiamo, il "sexting", può essere fatto in maniera consapevole, quindi con uno scopo "goliardico", oppure può tradursi in bullismo, in reato e portare a conseguenze più gravi: suicidi, omidici, malattie mentali e distrubi del comportamento alimentare.

Arrivata a questo punto mi chiedo: cos'è successo? Cos'è sfuggito di mano a noi tutti? Educatori, insegnanti, genitori e voglio aggiungere il mondo della musica e della tv dove intendono andare? Che direzione preferiscono prendere?

E' una questione di valori, i cari e vecchi valori, cerchiamo di riportare l'attenzione su quello che è andato perso e fare ragionamenti su cosa può essere "giusto" e cosa può essere "sbagliato", senza presunzioni ma con uno scopo ed un fine preventivo, quello di evitare tragedie personali e collettive.

lunedì 5 dicembre 2011

5 Dicembre giornata nazionale della salute mentale.

«...mi chiedo... "ma tu sei "normale"?»
«E con "normale" che intendi?...vuoi forse dirmi che tu, sì proprio tu, non hai nessuna paura, nessuna fobia, nessun "problema". Hai sempre il controllo su tutto, non hai mai reazioni "strane" e soprattutto tu...sei perfetto, vero?»
«Sai, Franco diceva "visto da vicino nessuno è normale" e non mi riferisco a Franco, il mio ex vicino di casa, no...sto parlando di Franco Basaglia.
Non sai chi è?»
«Una mia professoressa avrebbe già inveito contro di te e, forse, ti avrebbe bocciato, perciò vai a cercare chi è, vai..sù!!»
«Hai cercato? Bene, che hai da dirmi? Vuoi commentare qualcosa?»
«Io, dal mio canto, posso dirti che no, non sono "normale", quando sono in casa da sola bè, io parlo con me stessa, riflettiamo, ragioniamo. Sì me ed io ragioniamo».
«Cosa dici? Non ho le rotelle a posto? Sai che ti rispondo? In questo mondo sono fiera di non avere le rotelle a posto, voglio mescolarmi ai colori del mondo, misurarmi con tutti e cercare fino a dove l'uomo si può spingere, l'uomo e la sua mente».
«Non credere che tu, solo perchè sei tu, sarai immune. No! Non crederlo, il mondo corre e non ti aspetta e, se sei abbastanza veloce, bè buon per te, ma qualora dovessi "scoppiare" a metà della corsa? Non vorresti qualcuno che sappia capirti e soprattutto ritenerti ancora "buona" per proseguire - con i tuoi tempi e modi - la corsa?»
«Ecco butta un occhio a chi ti circonda, non giudicarla, non ghettizzarla».
«Contribuisci a creare una società inclusiva».

Discorso con me stessa, dedicato a tutti voi.

3 Dicembre giornata internazionale delle persone con disabilità

Ho scoperto questa giornata scrivendo la mia tesi, la mia tesi...ebbene sì, nessuno mi ha imposto cosa e come scriverlo. No, io ho potuto analizzare, conoscere e scoprire.
Ho scoperto nomi, conosciuto persone e letto tanti libri con tante storie di vita.
Ho potuto lavorare con persone con disabilità, sono cresciuta con loro e mai dimenticherò le emozioni, le gioie ed i dolori che ho vissuto camminando con loro.
Nomi, visi, storie e vite che si sono intrecciate con la mia, io, che fino a qualche tempo fa, non mi ero mai approcciata alla disabilità.
Un mondo pieno di scoperte e pieno di dolore, colmo di dispiaceri perchè non ti viene dato quel giusto e normale riconoscimento che meriti, ma anche ricco di piccole cose che ti fanno sorridere mentre cammini per strada verso casa.
Parliamo di diritti, parliamo di bisogni parliamo di riconoscimento...le persone con disabilità, le loro famiglie e gli operatori meritano di vedersi riconosciuti sforzi, sacrifici; non devono essere guardati con pietà, no! Siamo tutti persone, con eguali diritti...siamo tutti cittadini di una società che, però, non considera tutti alla medesima maniera.
Il diverso, l'handicappato, lo scemo, il down, il pirla...ed altri ancora sono gli epiteti che ho sentito affibbiare a queste persone, tralasciando i sentimenti che vivevo in quei momenti, quello che veniva (e viene) dimenticato è...
Chi sei tu per poter chiamare così un'altra persona?
Cos'hai tu in più di lei?
E se fosse capitato a te? E non solo la disabilità ma con essa le discriminazioni, i servizi mancati, lo scarso se non nullo riconoscimento e, soprattutto, la solitudine che molto spesso accompagna le persone con disabilità ed i loro famigliari?

Non sono soggetti "mancanti" sono persone, come tali vanno rispettati e senza che ci sia qualcuno che lo debba ricordare.
Confrontati e prendi il buono che la "diversità" può donare, scoprirai un mondo!

Articolo dedicati ai "miei ragazzi" ed a tutti i miei amici, che non vedono la "mancanza" ma l'opportunità.

Chiara

2 Dicembre giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù


Conto quanti anelli mi dividono 
dai piedi di quelli avanti che mi guidano 
vedi sono quanti quelli che mi legano 
agli altrettanti piedi che mi seguono 


"Kunta Kinte" - Daniele Silvestri




Questa giornata ricorda l'approvazione della Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui. Era il 1949.
Cos'è cambiato nel corso degli anni? 
Ha trovato applicazione questa convenzione?
Che forme ha la schiavitù?
Che è schiavo? E chi è il padrone? E perchè?

Non voglio dare risposte a queste domande, vorrei che stimolassero pensieri sociali.
E' sicuramente un fenomeno complesso che "abbraccia" donne, bambini, uomini, migranti e diversi campi dalla vendita di organi alla prostituzione.
Non voglio dilungarmi oltre, concludo questo mio breve articolo con le parole di Ban Ki Moon: "La schiavitù è una piaga che ancora non è stata estirpata nel mondo".

Chiara

giovedì 1 dicembre 2011

1 Dicembre giornata internazionale contro l'Aids

Sindrome da Immunodeficienza Acquisita. AIDS.
Una malattia che si presume abbia avuto origine nell'Africa Subsahariana e che ha avuto, poi, una diffusione a livello mondiale.
Qualche settimana fa, il programma televisivo "Le Iene" ha mandato in onda un servizio registrato in Africa, in Malawi, dove la maggior parte dei bambini presenti sono orfani, in quanto, i loro genitori sono morti a causa di questa malattia ed è probabile che anche quei bimbi siano contagiati.
Non serve, però, andare fino in Africa è una malattia molto diffusa che incute ancora molto timore, stigmatizzando e ghettizando coloro i quali ne sono affetti.
Nei tg nazionali che ho potuto ascoltare quest'oggi ho sentito che i "numeri" sono in calo ma, mi è bastato leggere qualche notizia o statistica sul web, per rendermi conto che quei "numeri" che sono poi persone, non sono così incoraggianti.
La giornata di oggi, con un simbolo il fiocco rosso, è nata nel 1988 istituita dall'Oms, con obiettivi precisi: sensibilizzazione e soprattutto mantenere alta e viva l'attenzione su questa malattia e, come ho accennato sopra, cercare di combattere la discriminazione contro quelle persone che ne sono affette.
Importante, in casi come questi, è l'informazione su medicine, cure e prevenzione.

Prevenzione una parola chiave in tutti gli ambiti, fondamentale in questo campo.
Come prevenire? Con il profilattico, un'educazione corretta che vada in questa direzione, sicuramente può salvare delle vite. Non è stampato sulla faccia della persona se è infetto oppure no...come recita lo slogan di questa giornata"proteggiti semplicemente".

Come professionisti del sociale contribuiamo a creare una cultura della prevenzione, educhiamo in tutte le scuole di ordine e grado, facciamo informazione e sosteniamo le persone che devono affrontare questo doloroso percorso di vita.

In chiusura lascio un articolo che può fornire interessanti informazioni:
http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/news/articolo/lstp/432531/

Chiara

Il "mio" treno interculturale

E chi lo ha detto che l'Italia non è un paese "multiculturale"?
E chi lo ha detto che l'Italia resta tale perchè dev'essere "abitata" da soli italiani?

..basta fare un viaggio su un treno ed accorgersi dell'esplosione di colori e di voci, diverse ma nello stesso tempo uniche.
Lineamenti di visi particolari, voci che possono sembrare simili ed invece sono di paesi diversi.
Vedere il bimbo di una mamma egiziana che vuole giocare con te senza che lei si tiri indietro.

A ben vedere, le esperienze concrete mostrano la verità dei fatti, l'Italia è multiculturale, l'Italia è intercluturale e l'Italia è colorata.
Questi colori devono farci paura? Assolutamente no, il "diverso" deve incutere timore e diffidenza? No!
Un ragazzo di cui non so la nazionalità, fermi in stazione, solo perchè gli ho controllato il bagaglio voleva offrirmi un caffè. Non ho pensato al peggio, ho pensato alla gentilezza del suo sorriso quando non ho accettato per paura di perdere il treno. E mi ha fatto anche salire prima di lui.

Sì, siamo interculturali, siamo immersi nel "melting pot" e chi lo nega non vuole vedere nè sentire e spesso non s'accorge di quanto perde ogni giorno.

Voglio autocitarmi nuovamente "La diversità come valori e principio nella prospettiva interculturale".
Un'occhio al "diverso" per crescere dentro...abbiamo voluto la globalizzazione, dobbiamo saperla gestire, senza colpevolizzare.

lunedì 28 novembre 2011

Se facciamo di nuovo un gioco e ragioniamo?

Come si gioca: Utilizzare i vari elementi per riuscire a scovare un possibile soluzione
Scopo del gioco: ragionare
Cosa si vince? Un società più attenta a se stessa

L'età si sta allungando, ci sono sempre più anziani, l'età pensionabile s'è innalzata, ci sono meno nascite e giovani in attesa di capire quale sarà il loro destino, famiglie che necessitano di allevare i loro figli e bimbi - che loro malgrado - sono qui con noi tutti e hanno gli stessi diritti di tutti noi, ma con un occhio di riguardo in quanto minori.

Soluzione 1) Favorire lo sviluppo della società valorizzando i giovani, la loro voglia di mettersi in gioco, di investire risorse personali al fine di dare una spinta all'economia e soprattutto creare, nuovamente, le basi per una società con un ricambio generazionale. Offrire spazio ai nuovi nati ed il giusto tempo agli anziani, non considerarli inutili e neanche "infiniti"

Soluzione 2) Sostenere la famiglia. La famiglia luogo privilegiato per la crescita, la cura e lo sviluppo di ogni cittadino. Sostenere le madri o le future madri (tempo di cura e tempo di lavoro, salari alla pari degli uomini e favorire le nascite), valorizzare il ruolo dei padri non sono collaboratori ma sono, anch'essi, genitori.
Offrire servizi adeguati per far sì che la famiglia possa esplicarsi anche all'esterno della quattro mura di casa, collaborando col terzo settore.

Soluzione 3) Non dimenticare i migranti, costituiscono il 10% del pil, quindi utilizziamo anche questo "ingrediente" per poter trovare una soluzione ottimale. Possono offrire spunti di riflessione sulla diversità ed accorgerci dell'altro e soprattutto dare, col loro apposto, una spinta all'economia ed al ricambio generazionale

Soluzione 4) E se fossero tutte le precedenti 3 integrate la soluzione ottimale?

Chiara

sabato 26 novembre 2011

26 Novembre giornata nazionale della colletta alimentare

In questo periodo di crisi mondiale, dove le famiglie (snodo centrale per la crescita e lo sviluppo di individuo) hanno serie difficoltà ad arrivare a fine mese e dove le strutture caritatevoli sono al collasso, la giornata nazionale della colletta alimentare assume un significato ancora più particolare, un valore speciale.
E' qui che la solidarietà di tutti noi fa capolino e permette ai 120mila volontari della Fondazione Banco Alimentare", presenti in circa 8600 supermercati, di poter redistribuire, quello che viene donato.
La fondazione tiene a precisare che coloro che sono riconosciuti come "poveri" sono circa 1.400.000 e sono numeri, che a me, fanno venir i brividi. Non sono accettabili.
Nel sentire la testimonianza di una famiglia con madre e padre quasi sessantenni con due figli adolescenti che, per via della loro avanzata età non possono mantenerli, fa ribollire il sangue e fa ancora più male, sentire che sono i genitori pensionati ad aiutare la famiglia. Quindi ringraziano tutti i giorni di avere ancora i "nonni" alle spalle ma, quando questi non ci saranno più?
Quanti diritti esigibili sono stati negati a questa ed altre famiglie??
Sono sempre di più ogni giorno che passa.
Che ben vengano queste giornate ma, spero, col tempo che il benessere sia accessibile a sempre più persone, a tutti i cittadini.
In conclusione riporto i numeri che arrivano dalla Rete Banco Alimentare che grazie alla sua attività quotidiana, combatte lo spreco di cibo (nel 2010 circa 65.000 tonnellate di alimenti, pari a un valore di 210 milioni di euro ovvero al carico di oltre 2.000 tir).

Prestiamo attenzione al nostro vicino.

Chiara

venerdì 25 novembre 2011

25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne


Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Analizzando il significato che può avere una giornata mondiale, mi chiedo perchè ancora vi siano violenze, discriminazioni, insulti, pregiudizi fino ad arrivare a reati.
Noi tutti siano persone, in quanto tali, dobbiamo essere rispettati senza discriminazioni di sesso, genere, razza, pensiero, fede religiosa. Mai arrogarsi il diritto di essere superiore ad una altro essere umano, abbiamo tutti pari dignità, diritti e doveri.
Le donne, così come le persone con disabilità, gli omosessuale, i migranti ed altre categorie subiscono violenze di tipo fisico, psicologico, diretto ed indiretto.
Una violenza non va mai nè perpetrata nè giustificata. Dobbiamo costruire una società basata sul rispetto, sulla solidarietà e sul riconoscimento dell'altro / diverso.
Un uomo non è migliore di una donna..nè viceversa;
Un "bianco" non è superiore ad un "nero"... nè viceversa;
Un "normodotato" non è diverso ad una persona con disabilità... nè viceversa.

Siamo tutti cittadini di un mondo, che col passare del tempo, sta perdendo di vista valori e diritti.
Promuoviamo cittadinanza.

Tornando nello specifico alla violenza sulle donne, mi sento di ribadire il concetto di "denuncia" (ho due esperienze di violenza, e non mi sono tirata indietro).
Le donne, le ragazze, le madri non sono oggetti e questo dovrebbe spingere l'altro a non violentare ma, qualora succeda, non bisogna pensare ai "ma" ed ai "sè", senza perdere tempo denunciare e far di tutto per proteggere se stesse e, se ci sono, i bambini.

Rivolgersi alle autorità affinchè la giustizia faccia il suo dovere, al Servizio Sociale affinchè si possa avere protezione, aiuto e sicurezza; i servizi dedicati possono essere: Centri antiviolenza - Casa delle donne - Linee di telefono dedicate. 
Questi servizi offrono: servizi specialistici, ospitalità, indirizzi segreti.

Con la speranza che il rispetto sia sempre più diffuso.

Chiara

giovedì 24 novembre 2011

Melting pot oppure totale chiusura?

Ieri il Presidente della Repubblica ha detto: " Chi nasce in territorio italiano, deve avere cittadinanza italiana".
Nella mia tesi, sostenendo l'intercultura, ho voluto sottolineare quanto la diversità sia un valore e non di certo uno svantaggio.
Ho sostenuto ancora che il 10% del PIL è prodotto dai migranti, che il calo delle nascite è controbilanciato dai bimbi nati da famiglie migranti e che, questa "melting pot", sicuramente non ci nuoce.
I confini degli Stati non devono essere barriere, così come il colore della pelle, così la religione e così la lingua. Sono tutte differenze che rendono unici gli esseri umani, sono diversità che potrebbero portarci ad una crescita personale, in primis.

Perchè non riconoscere cittadino italiano un bimbo che nasce qui e che probabilmente crescerà e vivrà qui in Italia.
Obiezioni che ho sentito sono: ma loro qui fanno quello che vogliono, noi se andiamo là siamo stranieri.
La mia risposta è stata: noi viviamo qui, e al nostro paese ed è alla nostra civiltà che dobbiamo pensare. Da qualche parte il cambiamento deve avvenire, e chi lo sà, magari il mondo di domani sarà più tollerante e più propenso, non solo all'integrazione, ma all'inclusione.

Chiara

martedì 22 novembre 2011

Bacco o sballo?

Che un bicchiere di vino "faccia sangue" e che, per tradizione, un bicchiere a tavola non lo può negare nessuno (se non il medico), bè non ci stupisce, non ci indigna e soprattutto non è da condannare.

Quando si passa a comportamenti che vanno dal pericoloso allo "sciagurato" bè, lì il condannare non è l'unica cosa che si dovrebbe fare, ma andare a fondo della questione, comprendere il motivo per cui i giovani si prodigano nel trovare svariate forme di sballo e sempre più "ingegnose".

Mesi fa, i telegiornali, passarono la notizia di ragazzi che, attraverso gli occhi, "ingerivano alcool, con conseguenze che possiamo solo immaginare, evitando di sperimentare. Il fenomeno si chiama "eyeballing".
Una nuova tendenza, però, arriva sempre dagli USA, ossia la "tampone mania" (notizia che ancora è da confermare, ma che solo l'idea di averla pensata dovrebbe far riflettere), ossia per ubriacarsi ma, per non puzzare di alcool, ecco che è possibile infilare nell'ano e nella vagina tamponi imbevuti.
E' una pratica che mi ha lasciato sgomenta invece, questa pratica è stata definita "very cool".

Dunque mi chiedo, ma è necessario spingersi così oltre per potersi divertire? E' strettamente necessario doversi ubriacare per poter godere della compagnia e della stima degli amici? I valori della società, l'amicizia, la voglia di stare insieme dove stanno finendo?
Non è essere bigotti ma voler capire cosa sta realmente accadendo. Sono sempre i giovani che hanno queste idee, mi chiedo (ancora) anzichè inventare simili pratiche perchè non sfruttare l'ingegno per produrre idee meno deleterie?

Siamo sempre sotto l'occhio del ciclone, noi giovani dobbiamo cercare di dare un'altra idea di noi, avremo tutti i difetti di questo mondo ma, sappiamo anche pensare e produrre. Abbiamo talento non gettiamolo al vento, e la società stessa faccia più attenzione ai suoi "frutti", non col la proibizione ma con l'educazione.


Chiara

lunedì 21 novembre 2011

Lavoro di comunità o "C'è posta per te?"

Senza nulla togliere a Maria de Filippi che, come tutti gli altri lavoratori, svolge il suo lavoro in tv ma, quello che voglio fare è comprendere determinate dinamiche di un programma.

Dunque, quando ci si ammala e neanche si è in grado di leggere, la compagnia più "classica" è la tv, decido quindi di accenderla e guardare questo programma "C'è posta per te", che conoscevo per sommi capi, ora che ho avuto modo di guardarlo meglio, bè ho diverse perplessità.

La prima, com'è possibile che le persone non sino in grado di comunicare nel loro intimo, ma che riescano abbassando una busta, con un pubblico (presente e non) e soprattutto le telecamere? Dovrebbe esserci più imbarazzo, invece, sebbene le lacrime rompano le parole, tutto riesce così facile, tutti parlano e s'abbracciano.

La seconda è: se il nostro welfare è sempre stato definito "familistico" perchè, allorquando il werlfare fallisce, ecco che subentra la famiglia a sopperire alle mancanze, perchè adesso ci pensa la tv? 
La cosa che più mi ha sconvolto è stata la cantante Pausini che ha detto ad una ragazza che gli avrebbe pagato gli studi di fisioterapista. La storia famigliare è triste, simile alla mia, a ben pensare, ma ecco che mamma tv e la zia De Filippi (sotto mentite spoglie della Pausini), regala gli studi universitari.
Mi chiedo quanto sia corretto?
Mi chiedo quanto questo sia giusto?
Mi chiedo tutti gli altri ragazzi che non hanno accesso allo studio, devono chiamare Mediaset, oppure devono percorre strade e percorsi che portano a capire quanto sia importante rivendicare i propri diritti esigibili?

Insomma, se lo Stato fallisce, bene c'è il Terzo Settore, c'è la comunità che interviene a sostenere gli individui...ma quando fallisce la comunità? Ma quando le persone non sanno più che parte andare, perchè non guardarsi attorno e capire che c'è "l'altro".

Non critico le scelte personali, ma voglio andare oltre e capire perchè di fronte a questi accadimenti si resta inermi? Il lavoro sociale non esiste più? Il comprendere che lavorando in rete si può iniziare una nuova era che permette di rendere anche i cittadini più consapevoli, forse eviterebbe di vedere in televisione scene del genere.

venerdì 11 novembre 2011

Facciamo un gioco? Ragioniamo!

Un bimbo nasce e si trova ad osservare il mondo immerso nelle dinamiche della sua famiglia.

Un ragazzo cresce ed affronta il mondo sui banchi di scuola, tornando - poi- a casa dalla sua famiglia.

Un giovane lotta contro "il sistema" nelle piazze, urlando anche in silenzio, trovando poi rifugio nella sua famiglia.

Un uomo ed una donna, adulti,
hanno il diritto di godere del loro mondo, costruendo una famiglia. Una famiglia senza discriminazioni.

I figli di questi adulti hanno il diritto ed il dovere di osservare, affrontare il mondo, lottare contro il sistema per diventare adulti, dando vita ad una nuova famiglia.

I figli, i nipoti, che verranno al mondo avranno bisogno di avere una famiglia, calda, accogliente e responsabile e non allo stremo perchè i diritti esigibili non sono realmente esigibili;
non disgregata perchè si sono persi valori di condivisione e comunicazione;
perchè la stanchezza e la durezza della vita ci logorano sempre più.

Se valorizziamo la famiglia, come formazione sociale, senza giudicare se questa è "giusta" oppure "sbagliata", se diamo la possibilità alle famiglie di essere un nido ed allo stesso tempo un trampolino di lancio, credo che avremo modo di vedere un vero cambiamento.

Adesso le famiglie sono ridotte a "misero salvagente" senza considerare che i genitori non sono immortali e, come loro hanno diritto di vivere la vecchiaia come si meritano, noi - figli e nipoti - abbiamo il diritto di poter contribuire alla costruzione del mondo di domani.

martedì 8 novembre 2011

Quanto è facile eliminare anzichè analizzare

"Prendere e buttare via la chiave". Sono le parole che, spesso, vengono ripetute quando si apprendono notizie che rientrano nella categoria "cronaca nera".

Omicidio, violenza sessuale ed altri reati lasciano senza parole, tolgono il fiato, soprattutto perchè attorno si costruisce spesso un "teatrino" dimenticando che la vittima non è un attore ma, non c'è solo questo aspetto.
C'è la giustizia, c'è la prevenzione, c'è il lavoro sul territorio e sulle comunità, ci sono le politiche, ci sono i pregiudizi ed, infine, il senso comune.

Perchè credere che ammazzare una persona che ha, a sua volta, ucciso sia la soluzione migliore?
Perchè la punizione (sempre che lo sia) per chi ha commesso un reato sia quella di eliminare, anzichè riflettere sulle cause e lavorare su queste ultime.

Il professore Prina parla di "nuovo senso comune penale", emarginare, nascondere sono le parole d'ordine. Se nessuno sa nulla, il problema è risolto?
Non sarebbe, invece, meglio comprendere quali sono i meccanismi che spingono le persone a compiere determinati atti, senza cadere nell'errore della "scusante".

Il furto di un anziano che ruba al supermercato perchè la sua pensione non basta per sopravvivere, non ha lo stesso peso di un omicidio ma, anche il furto è reato, e quindi capire che quell'anziano, forse, non avrebbe rubato se si vedesse riconosciuti i suoi diritti sarebbe un passo avanti per la civiltà.
Capire che un uomo uccide, forse, non lo fa per puro spirito omicida ma, perchè disperato, perchè fragile.
Capire che la società sta spingendo verso un punto di non ritorno, dove non c'è spazio per l'ascolto, per la comprensione, per la condivisione.

No, tutti contro tutti e chi non ce la fa, per un qualsiasi motivo...eliminiamolo.
Perchè non offrire un sostegno prima? Cercare di evitare che determinate situazioni si verifichino?

Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo una forza d'animo, di spirito, risorse personali e sociali per affrontare i repentini cambiamenti...e forse se ci fossero più risorse, anche solo umane, avremo meno bisogno di nascondere.

Concludo: credo che ogni reato sia grave, che ogni azioni sia grave se questa ferisce un'altra persone ma, credo anche, che, non siamo noi a dover giudicare. Chi lo deve fare deve avere però la capacità e gli strumenti per poterlo fare con "serenità" ed onestà.  La giustizia dev'essere uno strumento per la prevenzione e per la deterrenza non per la sola e semplice punizione.

lunedì 7 novembre 2011

Il mio Paese...l'Italia.

Gaber cantava: "Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono!"
Con le voci che stanno circolando in questo momento mi sento di riflettere su questo nostro paese:

Accendiamo la tv e vediamo immagini di persone con la schiena piegata che, con i loro soldi, hanno preso stivali, pala e secchi per far riemergere le strade di una Genova che nel giro di una giornata ha perso tutto. Ed il pensiero corre ad i miei che sono là. Per fortuna stanno tutti bene.

Cambiamo canale, c'è un'inchiesta su chi riesce ad arrivare a fine mese. "Fine mese?" risponde una mamma con due bambini. "Noi non arriviamo neanche alla seconda settimana, andiamo alla Caritas e spesso chiedo il bis, che porto a casa per poter mangiare la sera!"

Lo zapping mi porta su un altro canale e sento che discutono dei giovani che non hanno lavoro e che spesso lasciano l'Italia, il loro / nostro paese, perchè non c'è speranza. All'estero valorizzano il talento, ed ascolto la storia di un ragazzo di Cuneo, che dopo aver pubblicato la sua tesi viene contattato da un imprenditore americano che, solo dopo aver letto la tesi, gli ha dato i soldi per sviluppare la sua idea.

Ed ancora, leggendo le notizie on line, si apprende che all'Aquila vengono ora chieste le tasse arretrate, dopo che le foto dimostrano e mostrano quanto, quella città, sia ancora a pezzi.

Leggiamo ancora di omicidi, di rapine, di suicidi, di mala sanità, di povertà, di quanto questo nostro paese non sia più quello che noi tutti vogliamo, ma che sia un paese ala deriva, distrutto, affamato, disoccupato e distrutto - moralmente e fisicamente.
Voglia un'Italia che sappia garantire a tutti i suoi cittadini ben-essere, speranza e futuro.
Ci sono ingenti danni, siamo sventrati ma cerchiamo di capire che, se le Comunità, i cittadini tutti si unissero, lasciando da parte l'individualismo, forse avremo ancora la possibilità di poter guardare al futuro.

I professionisti del sociale, assistenti sociali, educatori professionali, psicologi,  tutti insieme devono unirsi per poter creare quel senso di comunità, di fiducia verso le istituzioni facendo loro per primi un passo avanti. Certo, c'è il lavoro "dietro le quinte" ma, come esiste la regia esiste anche la "messa in scena".


Chiara

mercoledì 2 novembre 2011

I giovani ed il futuro

Ragazzi, giovani, adolescenti...siamo sempre noi.
Una fetta di popolazione mondiale, non siamo esseri strani che vagano sulla terra, siamo noi, quello che voi siete stati un tempo e, quello che saranno i bambini quando cresceranno.

Siamo stati definti: confusi, indecisi, bamboccioni, svogliati, senza principi. Il peggior ritratto che si potesse fare, triste, mesto e senza speranza.

Voglio urlare e far comprendere che non è così. Noi non siamo così!
Noi abbiamo voglia di fare;
Noi abbiamo voglia di dire;
Noi abbiamo voglia di dare;
Noi abbiamo voglia di essere;
Noi abbiamo voglia di costruire;
Noi abbiamo voglia di partire;
Noi abbiamo voglia di arrivare.

Noi abbiamo, noi siamo.
Vedere i servizi televisivi che dipingono i giovani che non hanno voglia nè di lavorare nè di studiare fa male..chiediamoci il perchè. Andiamo in fondo alle cose, non soffermiamoci su di un dato.
Noi, come tutti siamo persone.

Noi giovani siamo il futuro adesso, adesso costruiamo il domani.
Noi sogniamo un futuro, noi sogniamo di essere un mattone del mondo di domani, tutti insieme saremo le pareti della società. Vogliamo che siano solide, non vogliamo che il lupo soffiando le butti giù.
Questi sogni hanno qualcosa di concreto dentro, il cuore, il cuore dei nostri sogni pulsa...

Non permettiamo, non lasciate che quel cuore, smetta di battere...il domani è qui.

Dedicato a tutti: ai giovani di età, ed ai giovani di cuore ed anima.

Chiara

lunedì 31 ottobre 2011

Persone con disabilità ed il mondo che circonda tutti.

Parto con delle domande.
Una persona con disabilità chi è?
La disabilità cos'è?
La dignità cos'è?
Siamo davvero diversi?
Abbiamo tutti accesso alle medesime cose / opportunità in egual maniera?

Sono ancora una volta arrabbiata, rattristata, disgustata ed impotente di fronte ad un rifiuto che una persona, nonché mia amica, ha ricevuto.
Passi il rifiuto per una dimenticanza nella compilazione di una domanda, si possono lasciar passare tanti motivi di rifiuto ma, non è accettabile che una persona debba venir esclusa perchè ha una disabilità.
Perchè è "mancante". Io su questo ho scritto la tesi e voglio tenere vivo il dibattito.

Per uno stage di quattro mesi in Spagna, perchè devo essere esclusa? Forse non ho le capacità richieste, può essere ma, hanno elogiato il voto di laurea (quindi quelle competenze le ho), no, ma non sono perfetta - appunto "mancante" - per gli standard che la società dell'illusa perfezione cerca.
Questa non è integrazione, questa non è inclusione, questa è discriminazione, questo è dimostrarsi ancora chiusi al "diverso" (e lo metto fra virgolette perchè si deve sempre partire dal presupposto che siamo persone!).
Perchè non andare incontro a questa diversità e cercare di unire quello ognuno di noi può dare?

Nuovamente mi riallaccio alla storia di questa ragazza. Partecipare a questo stage (il suo sogno, il suo desiderio, il suo diritto), col papà che si offre di accompagnarla a sue spese, perchè non può partecipare? Perchè questa "cosa" era da predisporre prima che il progetto partisse, due anni fa, e che a quel tempo l'UE non ha pensato a questo particolare.
Questo è escludere, questo è discriminare.
Fa male, le fa male e fa male a tutti coloro i quali si trovano nella sua situazione e si vedono negati i diritti solo perchè "mancano" o perchè, quando si progetta, non si guarda il mondo a 360°.

Spero che le barriere, della mente e non, vengano eliminate presto. Voglio un mondo che non speculi sulle differenze ma che ne faccia un punto di partenza.

Chiara

venerdì 28 ottobre 2011

Il disastro ligure cosa ci insegna?

Il bilancio di vite umane è arrivato 7. Sette cuori che si sono spenti di fronte alla forza della Natura.
Già, la Natura. Ma cos'è? E' tutto quello che abbiamo intorno, i quattro elementi: acqua, aria, terra, fuoco, che spesso dimentichiamo di quanta potenza abbiamo.

Siamo così presi da noi stessi, dalla tecnologia che deve superare limiti che spesso neanche immaginiamo, siamo assoggettati dalle logiche della globalizzazione che dimentichiamo il piacere di alzare lo sguardo ed incontrare l'altro, scordiamo quanto importante sia rispettare i ritmi naturali. No, i limiti vanno sempre superati, resistenza al sonno, resistenza all'alcool, ed infine, sfidando le leggi della Natura.

La partita, spesso, ha un vinto ed un vincitore. La X sulla schedina  non piace a nessuno. Facciamo sempre il tifo per il presento vincente, sottovalutando l'avversario ma, quando l'avversario capisce che può farcela, ecco che accadano le catastrofi.
La Natura vince, ci sovrasta e noi, spesso e volentieri, le abbiamo dato una mano.

"Restiamo Umani", Vittorio Arrigoni concludeva così i suoi reportage da Gaza. Bene prendo in prestito le sue parole, ed invito tutti a restare umani. Cerchiamo di capire cosa realmente è importante, quanto possiamo spingerci e quando è il momento di dire: basta!
Accorgersi di non voler superare il limite non è bloccare il progresso, il progresso può essere costruito anche senza invadere spazi dai quali non possiamo più uscire.

Le città coinvolte nel disastro sono senza luce, senza comunicazioni, senza trasporti. Le persone sono senza casa, senza affetti ma, nonostante questo, devono lottare per poter tornare alla normalità. Ecco dove la Natura ha fatto scacco matto. Perchè non c'è luce nel 2011, perchè la terra frana e non possiamo più viaggiare?
Siamo ospiti della Natura, ogni anno, vi sono episodi di questo genere.
Ricordo, recentemente, la tromba d'aria che ha colpito la mia zona, il Biellese, dove i volontari liguri vennero qui per aiutare, adesso siamo noi ad andare là.
Ricordo i problemi che la Dora ha dato nel Torinese, i volontari con i sacchi di sabbia per poter placare la furia del fiume.
Ed ancora ricordo il Tevere a Roma, non solo qualche giorno fa, quando altri due uomini sono morti.

Qualche anno fa, qui nel Biellese, erano gli assistenti sociali a tirarsi su le maniche e lavorare a favore di chi non aveva più nulla perchè inghiottito dall'acqua, adesso sarebbe auspicabile che la comunità tutta si attivasse per supportare la Liguria, e dopo, pensare come fare per evitare tragedie di questo tipo. Prevenzione parole d'ordine, può esserlo anche in merito alla Natura? Pensiamoci.

Restiamo umani, rispettiamo la Natura...ha dimostrato molto volte quanto sia forte.

Chiara

giovedì 27 ottobre 2011

Castrazione chimica, pena di morte...soluzione finale, o soluzione per ripartire?

Questione ambigua, controversa e soprattutto delicata.
Voglio ripetere che questo blog è uno strumento che uso per riflettere e non per propagandare il mio pensiero, tanto meno voglio avere ragione a prescindere.

Per iniziare il mio "pensiero sociale" prendo, da "Italia salute.it", la definizione di castrazione chimica: "La castrazione chimica e' un tipo di castrazione, solitamente non definitiva, provocata da farmaci a base di ormoni".

Dunque farmaci, che addormentano la libido per tutta la durata dell'assunzione, quando, il soggetto interessato smette di prendere il farmaco e gli ormoni, l'efficacia smette. Non sono cose che invento ma che ho letto, quando il dibattito era acceso su questo argomento.
Viene da chiedersi, quindi, quanto sia efficace questa soluzione? Prendere un soggetto, sottoporlo ad un trattamento definitivo per eliminare il problema.
Così la pena di morte, hai ucciso? Adesso tocca a te, così mai più ucciderai.

Mi sembra troppo facile, troppo semplice, troppo sbrigativo.
Quanto è utile nascondere il problema, anzichè analizzarlo?
Quando giova alla società tutta prendere (e ringrazio J-Ax per la parafrasi che andrò a fare) il "mostro", dargli un "colore" e gettarlo via. Come per magia non c'è più la persona, non c'è più il problema; ma è risolto?

Io, credo fermamente nel lavoro sulla relazione senza farmaci, senza interventi così drastici.
Non nascondo che per determinate patologie siano utili i farmaci, ma che non sia l'unica via da percorrere, anche. Un farmaco con una terapia relazione, certo questo sì, ma quando si parla di patologie conclamate e riconosciute come tali. Voglio dare un valore alla relazione, voglio credere nel cambiamento, voglio credere al supporto psicologico e sociale, voglio credere che, il passato di una persona possa incidere, ma così anche l'intervento sul presente, sull'ambiente.

Voglio credere che, chi commette un reato non debba essere preso ed archiviato, ma supportato durante e dopo la detenzione, e se emerge una patologia psichiatrica, bene, che vengano attivati tutti gli interventi necessari, ma che si basino, in primis sulla relazione, sull'aiuto e sulla fiducia. 

Spazi di ascolto per le vittime e per chi ha commesso un reato.

Concludo riportando le parole di Lino Rossi dopo che diverse professioni come psicologi, psichiatri e criminologi hanno detto "no" alla castrazione chimica: «Perché? La castrazione - spiega Lino Rossi, psicologo e criminologo, docente di Psicologia giuridica all'Università di Modena e Reggio Emilia, che sta lavorando proprio alla definizione del profilo psicologico del pedofilo - è una questione non tanto chiara. Da una lato provoca un temporaneo abbassamento dei desideri sessuali, dall’altro rende il soggetto più aggressivo. I dati - continua Rossi - provengono da una ricerca condotta in California e Canada, dove viene praticata la castrazione chimica. Sul piano clinico va premesso un fatto: chi abusa esprime un disturbo psicologico e non patologico, la pedofilia non è una malattia».

Chiara

martedì 25 ottobre 2011

L'università apre le porte della "casa più spiata d'Italia"

Il Grande Fratello oltre ad essere un reality che occupa il tempo di chi, con interesse, lo guarda, permette anche di muovere riflessioni.

Ieri, insieme ad amiche e colleghe, ho appreso che una nuova concorrente è una studentessa di Servizio Sociale. 
Voglio ribadire, prima di proseguire, che ogni scelta dev'essere libera e non condizionata ma, almeno credo, debba essere ponderata.
Non voglio assolutamente giudicare la ragazza che è entrata nella casa soprattutto perchè non so chi sia, non la conosco, ma posso riflettere sulla sua scelta, anche grazie alle "indagini" svolte dalle mie colleghe che frequentano lo stesso Ateneo della ragazza in questione.

Parto dal presupposto che se un ragazzo frequenta l'università lo fa con un motivo serio, con convinzione e dedizione, non può prendere l'università come un parcheggio o come scusante (noi siamo i professionisti di domani, qualsiasi facoltà abbiamo scelto). 
Vengo subito smentita, si legge su una delle tante pagine di questa ragazza che lei non frequenta più, in quanto, essendo nella casa, ora non le serve più studiare.
Ah, bene, quindi è questo il sentore generale?
L'università si fa e se ci apre le porte del lavoro bene, sennò tentiamo la televisione, che a mio avviso, ha creato col tempo false speranze e falsi miti. E questi miti, a volte, vengono riesumati dai loro antri e vengono, ancora, venerati.
La tv è il fine ultimo della vita, mostrarsi e nulla più? Ed il cervello, le idee, le novità e le intuizioni, dove sono?

Mi chiedo ancora: ma quando si sceglie una professione di aiuto, lo si fa con testa e cuore, oppure perchè è la più vicina a casa, od ancora peggio, ritenuta facile rispetto ad altre?
Non si può pensare che la tv sia l'unico canale di accesso al mondo, la vita reale è "in strada", è "il vicino di casa" è l'altro che, ogni giorno, incrocia il nostro sguardo.
Siamo arrivati al punto che, l'individualismo prevale su ogni cosa, valore o persona? Basta che la faccia io? E' una lotta tutto contro tutti, ovviamente in vetrina, sennò gli "sforzi" fatti per farsi notare, dove vanno a finire?

Termino l'articolo prendendo in prestito le parole di una docente di una mia collega: "se decidiamo di svolgere un lavoro in cui la relazione è il fulcro dell'attività dobbiamo interrogarci a livello personale sui motivi dei tale scelta:non sempre le relazioni originarie sono soddisfacenti e, sovente, cerchiamo un rapporto per correggere quanto di doloroso abbiamo sperimentato in esse".

Ritroviamo i valori, e questo non vuol dire tornare indietro, ma avere un senso di consapevolezza e dignità. E' un mio personale pensiero sociale, e come tale, opinabile.

Chiara

lunedì 24 ottobre 2011

Pensione...a 67 anni! Quanto spazio resta?

Ho sempre detto che non ho la pretesa di aver ragione, e sono aperta al dialogo ed al confronto, quindi quello che andrò a scrivere non è il dettame da prendere come verità ma, un personale pensiero, che merita di essere esposto, così come i pensieri di tutti gli esser pensanti.

Sento oggi che il decreto sviluppo, la manovra, insomma tutto quello che dovrebbe dare una spinta positiva all'economia, anzichè farlo...l'ammazza.

Sento amici che hanno un lavoro ma non si vedono versare i contributi, ho amici che lavorano in nero, sì non neghiamolo il sommerso esiste, e soprattutto, come anche in tv dicono, meno male che il lavoro nero esiste. Perchè? Perchè almeno arrivi a fine mese e paghi le bollette, poi mangi.
Ed ora questa novità, in pensione a 67 anni.
Ma noi giovani che aneliamo di entrare nel mondo del lavoro? Ci entreremo mai? Oppure quando avremo 67 anni ci destineranno l'assegno sociale, perchè purtroppo il mondo del lavoro non l'abbiamo mai sfiorato.
Perchè allungare l'età pensionabile anzichè fare un altro sistema pensionistico.
Perchè non aprire il mercato del lavoro così chi lavora oggi versa i contributi per chi dovrà andare in pensione domani, soprattutto con un'età ragionevole.

Non è vecchio chi ha più rughe oppure chi ha più anni, quella è solo apparenza, ma non credete che, se venissero date diverse possibilità tutti potrebbe contribuire al "diventamento" della società?
I giovani che hanno bisogno di maestri, tutor, mentori...potrebbero restare dove sono, ma lasciare spazio al collega giovane, insegnare ed apprendere, magari confrontarsi...un scambio reciproco ed una mutua creazione. 

Tutti avrebbero spazio, dignità, utilità e soprattutto tutti avrebbero lavoro e pensione.

Voglio firmare questo post, è un mio pensiero e ci credo fermamente.
Chiara.

sabato 22 ottobre 2011

Dal "Grande Fratello" allo sfratto

In questi giorni, in tv, sta passando la pubblicità della nuova edizione del programma reality "Grande Fratello", al contempo, in alcuni (e non in tutti) salotti televisivi, si apprendono storie e vicende umane - oramai - all'ordine del giorno.
Cosa c'è di strano in tutto ciò? In apparenza nulla se non si approfondiscono le notizie.

La Casa del Grande Fratello quest'anno è più grande, offrirà ai concorrenti tutti i confort e la conduttrice indosserà abiti non griffati bensì, abiti che - come lei stessa ha dichiarato - tutte le ragazze, il giorno dopo della diretta, possano acquistarlo (a 30€).

Le notizie, che non tutti i canali televisivi passano, sono storie di difficoltà quotidiane, sono le vite di persone che vivono in questa società e, loro malgrado, si trovano in difficoltà. Hanno accettato di portare aventi le loro vite, come è giusto che sia ma, nel momento del bisogno, vengono lasciati soli. Dimenticati. Invisibili. Ai margini.


Ci sono note stonate, forse anche dolorose, quando si apprende che le persone in questione sono state sfrattate, hanno figli disabili, vivono in strada e che, per dignità, dopo la notte passata all'addiaccio, con una scopa rassettano il loro giaciglio fatto di cartoni. Il padre, per evitare che alla famiglia accada qualcosa, sta sveglio e le sorveglia, le accudisce.

Cosa stride?
Ebbene stride che sempre di casa si parla. Il diritto alla casa, il diritto alla dignità, alla salute, alla protezione che le famiglie che non arrivano a fine e si rivolgono alla Caritas, si vedono negare...mentre i concorrenti del Grande Fratello, sebbene sia un format televisivo, hanno gratuitamente.

Mi chiedo questo: perchè la società tutta non s'accorge di quanto bisogno ci sia attorno a sè?
Quanto manca proprio nella casa a fianco, sempre che la casa ci sia?
Perchè investire soldi, che immagino siano della rete del programma (quindi privati), anzichè fare donazioni ad enti, associazioni, allo Stato stesso?
E perchè la collettività non si sveglia dal torpore "voyeuristico" (mi si passi il termine) e lascia il passo ad argomenti più seri, più interessanti e soprattutto più attuali?
Il vicino, da sempre, è al centro della solidarietà, bene, riappropriamoci di questo valori, apriamo gli occhi e cerchiamo di indirizzare l'attenzione, di tutti, verso chi ha realmente bisogno.
Diamo un altro valore ai valori...che si stanno, inesorabilmente, perdendo.

Non può intervenire una rete televisiva a salvare dalla strada e dal freddo una famiglia anzichè lo Stato perchè, la società, richiede altro.
Non è questo il mondo che è stato lasciato dai nostri "padri"

martedì 18 ottobre 2011

Corrispondenza con un detenuto nel braccio della morte. "I'm a death man"

"I'm a death man" (sono un uomo morto), questa è una delle frasi che, il mio amico di penna detenuto nel braccio della morte del Texas, mi ha scritto nella sua prima lettera.

A me, nonostante sapessi che prima o poi, la condanna verrà eseguita, ha colpito molto. Non so il reato di cui è accusato, non glielo chiederò mai, ma fa riflettere come "il braccio della morte" spersonalizzi, non sei più un uomo, una persona ma, bensì, sei un uomo morto. Non conti più nulla, sei rinchiuso, con tutti i diritti, sanciti anche dai trattati internazionali e dalla Carta dei diritti umani, vengano calpestati.

Il comune sentire non è a favore della pena di morte ma, se quel detenuto ha commesso il reato (voglio ricordare che c'è anche un percentuale di innocenti), e sapendo a cosa andava incontro, è bene che lui resti lì. Niente sconti, niente diritto di replica. In buon sostanza, la filosofia di fondo è "buttiamo via la chiave!".
E' innegabile che quella persona avrà, per la maggior parte dei casi, ucciso un uomo e quindi lo ha privato della vita, il diritto assoluto ma, è anche vero che nessun sistema di giustizia deve arrogarsi il diritto di uccidere consapevolmente un'altra persona.
Se errare è umano, chi garantisce alla collettività tutta che il giudizio del Giudice e della giuria sia privo di errori e contraddizioni?

E' bene riflettere, quando si parla di "pena di morte" di "deterrenza" intesa come quel fattore che deve incidere quando un soggetto, prossimo al compimento del reato, lo porti sulla retta via e non gli permetta di cadere in errore. Altra riflessione è doverosa sul termine "errore" e sul concetto di "libertà", ed infine sul concetto di "pena".
Cosa è giusto e cosa è sbagliato?
Chi ha il diritto di privare della vita?
Quanto conta il vissuto della persona nel corso della sua vita?
Una pena così definitiva può realmente essere utile? E questo "utile" cosa significa?

Sono tanti gli interrogativi aperti sulla questione (e tornerò sull'argomento), ed io, invito i miei lettori a leggere "La mia vita nel braccio della morte" di M. Rossi (casa editrice Tea), per capirne qualcosa in più sul sistema penitenziario (e non solo) americano.

Io proseguo nella mia corrispondenza con Steven (ecco il suo nome), cercando di essergli vicina e creargli spazi di normalità, nella speranza che la sua morte non avvenga per mano di "assassini legalizzati"

giovedì 6 ottobre 2011

Esco dal carcere...e poi?

O tempora o mores, direbbe Cicerone e lo scriveva ai suoi tempi, ma anche noi possiamo tranquillamente farla nostra.

A cadenza, quasi, regolare in tv e sui giornali nasce un nuovo caso di cronaca nera, dai bambini agli adulti le vittime spesso vengono esaltate quando il fatto è "fresco" ma, col tempo, si dimenticano ed al centro dell'attenzione troviamo solo i carnefici od i presunti tali.
Noi non dobbiamo e non possiamo giudicare, non siamo nè la Legge nè giudici ma, possiamo analizzare i fatti, soprattutto quelli che accadono quando, i carnefici o presunti tali, escono dal carcere.

Certo, è importante anche il periodo di detenzione, che ricordiamo, deve esser volto alla rieducazione del condannato, riabilitarlo e fornirgli gli strumenti adeguati per potersi inserire nuovamente in società.
Ecco, come deve avvenire questo reinserimento?

Scrivendo libri? Apparendo in tv? Interviste e video rubati da qualche anonimo cellulare? Oppure, con supporti educativi, psicologici e con la società - tutta - pronta e capace di riaccogliere un cittadino che, possiamo dirlo, si riaffaccia alla vita?
E con questo intendo dire che sarebbe il caso che, chi esce dal carcere non venisse etichettato come "assassino", "ladro", "truffatore"...ma venisse riconosciuto come uomo, come persona! Con la sua dignità di uomo, con il suo background certamente ma, con ancora tutti i diritti integri.
E dall'altro lato, la persona che ora è libera, abbia la capacità di affrontare il percorso, la nuova possibilità che gli è stata concessa con onore e dignità, con il coraggio e la forza di non scrivere libri e non andare in tv a fare appelli ma, adeguandosi al tempo.

Non facile, perchè, le difficoltà sono tante, da diversi fronti, ma nuovamente (e mi ripeto) è importante lavorare con la collettività, sul territorio al fine di educare e preparare i cittadini di oggi e di ieri, a non avere paura ma, ad accogliere e proseguire insieme.

Non apparire, ma essere. Essere uomini, essere professionisti, essere in grado di garantire diritti esigibili ed adempiere ai nostri doveri di cittadini.

domenica 2 ottobre 2011

Città violente

Da giorni mi frulla per la testa la puntata di "Matrix" che è andata in onda qualche giorno fa.
Il titolo della puntata era: "Città violente".

Già dal titolo ero preoccupata, con l'andare del tempo la puntata è stata un susseguirsi di luoghi comuni. Questi non vanno trasmessi in tv, ma i fatti andrebbero analizzati con rigore e scientificità.
Roma è stata paragonata a Scampia, Quarto Oggiaro è stato dipinto come l'unico quartiere milanese ad essere asserragliato dalla criminalità e via di questo passo.

Io sono dell'idea che, essendo la criminalità sempre esistita, non è possibile fare adesso, trasmissioni che mettano in piazza i problemi di una città (da notare sempre quelle grandi, le capitali, definiamole così), senza affrontare anche l'argomento a questo connesso, ossia la risoluzione di questi problemi.
Abbiamo la possibilità di lavorare con le comunità, abbiamo il dovere di lavorare a favore di comunità, persone e gruppi, perchè non attivarci?
Non pensiamo a grosse somme di denaro, non pensiamo alla costruzione di chissà quali opere archittetoniche...no, pensiamo al lavoro che può essere fatto in strada, intercettare il bisogno, intercettare chi è portatore di quel bisogno, parlare con i diritti interessati...che, chi meglio di loro possono dire come realmente stanno le cose, ed ipotizzare un progetto di risoluzione.

Creiamo legami, le persone sono "animali sociali", siamo a conoscenza dei problemi, ed abbiamo la possibilità di costruire soluzioni...facciamolo!!
Educatori, assistenti sociali, volontari! Uniamo le forze ed attiviamoci per la nostra comunità, la nostra società...la collettività!


In tv si parla di "più forze di polizia", "più telecamere" ed "inasprimenti di pene"...controllo attuariale, punizioni e null'altro, non si parla di educazione e di costruzione!

Grave, gravissimo errore secondo me!

mercoledì 28 settembre 2011

Giovani...ehhh voi giovani.

Voi giovani! Chissà come i giovani faranno a...? I giovani sono tutti uguali! Speriamo che i giovani abbiano ancora dei valori...

Queste frasi le ho sentite spesso, molte volte le hanno dette direttamente a me, altre le sento in tv ed altre ancora si leggono.
Ma quando si parla di giovani, di chi realmente si parla?
Sembra di parli di un ammasso di persone indefinito.

Questi giovani hanno un'età? Un viso? Delle capacità? Dei problemi? Delle risorse? Hanno qualcosa da offrire?
Se quando in tv, sui giornali, on line si rispondesse prima a queste domande, invece che fare un grande calderone senza arte nè parte, noi giovani, ci sentiremmo meno "attaccati".

Da un lato siamo utili perchè veniamo definiti "il futuro di questo paese", dall'latro lato non vediamo nulla che venga fatto a nostro favore. Se studiamo siamo "parcheggiati", se cerchiamo lavoro "perdiamo" tempo, se lavoriamo siamo fortunati ma, non abbiamo voglia di studiare.
Insomma, non andiamo mai bene, e parlo al plurale perchè anche io sono giovane, ed ho un viso, un'età, delle capacità, dei problemi, degli amici e voglia di fare.

Cosa potremmo fare noi giovani per far sentire la nostra voce? Cosa potremmo fare per sì che i dati che di seguito riporto siano solo un brutto ricordo?

Secondo Confartigianato su 100 ragazzi italiani sotto i 35 anni, 16 non hanno un’occupazione. Una proporzione già di per sé preoccupante, che sale addirittura a 25 su 100 al Sud, e che tocca il suo picco massimo in Sicilia, dove la disoccupazione giovanile riguarda ben 28 ragazzi e ragazze su 100. Ancora peggio le condizioni degli under 24: più di 3 su 10 non hanno un lavoro.


I giovani di oggi sono stati bambini, hanno una famiglia ed avranno una famiglia. I servizi, la governance, le politiche dovrebbe investire risorse, energie, dare fiducia e soprattutto speranza e concretezza.

Se oggi non gettiamo le basi per un domani, quel domani non ci sarà e questo avrà serie ripercussioni su quello che ho appena menzionato: servizi, famiglie, politiche, welfare e comunità.

domenica 25 settembre 2011

Riflessioni sull'esame di stato.

Terminati i 3 anni di studio, dopo aver superato almeno 24 esami, aver fatto un tirocinio (che si spera il più attinente possibile alla professione di Assistente Sociale), dopo aver scritto una Tesi e dopo averla discussa di fronte ad una commissione...cosa ha di fronte un neo dottore in servizio sociale e così come lui tanti altri laureati in altre discipline?

L'esame di Stato. Odiato? Sì tanto. Spaventoso? Sì, tanto! Ma perchè? Perchè questa tappa non è vista come un altro traguardo ma come un altro esame da superare, con le stesse ansie di quei 24?
Da un lato l'università non prepara come dovrebbe, e questo non solo perchè gli studenti non hanno voglia di studiare o di applicarsi, ma perchè spesso non viene trasmessa la passione, perchè tante volte vediamo passare gli esami a chi, invece, meritava di tornare un'altra volta, perchè tutti i libri che studiamo sono tanta teoria..ma l'indomani saremo davanti a persone in carne ed ossa, con problemi reali, caratteri diversi ed esigenze diverse.

Dall'altro perchè costa veramente tanto. Gli studenti hanno alle spalle una famiglia che li ha supportati nel suo percorso accademico, durante il quale, lo studente cerca di fare del suo meglio per restare "in corso", ma se lavori almeno di mezzo anno si sfora. Perchè far pagare quanto meno 400€ ad uno studente, che solitamente ha sì e no...24 anni? Se non abbiamo la possibilità di lavorare, questi soldi li dobbiamo chiedere e questo, sovente, è fonte di umiliazione.

Ma ancora mi chiedo...perchè una Commissione, rispettabilissima, mi deve interrogare su argomenti che altri docenti (suoi pari) hanno già avuto modo di esaminarmi? E se mi hanno promosso significa che quelle determinate nozioni le ho acquisite.
Certo viene da dire, se le sai già che problema c'è? Il problema, a mio avviso, c'è eccome.
Al posto di fare prove "simili" a quelle che sono state affrontate durante gli anni di studio, perchè non testano quanto il candidato sia effettivamente in grado di esercitare quella professione?
Mi viene da dire..perchè non fare una sorta di altro tirocinio durante il quale vengo veramente osservata, messa alla prova, esaminata e valutata? Previa, si intende, adeguata formazione universitaria..e con questo intendo sia il versante nozionistico (quindi valido, il più possibile aggiornato e completo, con la pratica che si unisce alla grammatica) e sul versante delle valutazioni (ossia essere severi il giusto, non far passare chiunque perchè tanto "prima o poi un altro collega la bloccherà!").

Non nego l'importanza della conoscenza di leggi, metodi, tecniche ed altri argomenti puramente teorici, ma la scuola dev'essere in grado di preparare gli studenti in maniera "professionale", dare tanti libri che non avvicinano lo studente alla professione non è così utile quanto si pensi.

Scambi, dibattiti, incontri, osservazione, sperimentazione e studio dovrebbero essere parole chiave nelle aule accademiche.

venerdì 23 settembre 2011

Anziani...questi sconosciuti

Un anziano, due anziani...il mondo, le diverse società sono composta da giovani, bambini, adulti ed anche anziani.
Spesso vengono dimenticati, spesso derisi ma, ancor peggio vengono considerati inutili, o forse utili, quando però fanno comodo a "noi". Un giorno fanno i "nonni", un giorno fanno i "baby sitter" il giorno poco ancora "innaffiatore di piante" perchè noi siamo andati in vacanza.

Ma realmente questi anziani, chi sono?
Sono persone, sono persone che hanno, come tutti, risorse e bisogni ed una dignità.

Leggere questo sul giornale locale mi ha lasciato senza parole. Giornale "Il Biellese" riporta: "il numero di posti convenzionati per non autosufficienti nelle case di riposo è SCESO da 770 unità a 630! La lista di attesa è a quota mille!" Cota, Presidente della Regione, risponde: che presto nominerà un assessore alle politiche sociali.

Ma domandiamoci quanto sia necessario rispondere ad un’esigenza così importante con una persona, con una poltrona, anziché con servizi, operatori ed interventi?
Non nego l’importanza di un Assessore alle politiche sociali, anzi, un ruolo secondo me fondamentale in un sistema di welfare, ma quanto conta questa persona se non ha a disposizione: fondi, operatori preparati e competenti, servizi da offrire, interventi per implementare quella che è la politica.
Spesso si parla di persone paragonandole a minuti, il “minuttaggio”. No, le persone non sono minuti, sono persone con corpo, anima e mente. Questo dovrebbe stare alla base, e se, qualora non ci fossero i soldi, il cash necessario, perché non diffondere una cultura della domiciliarità?
Quante persone si occupano dei loro “anziani” perché non posso fare diversamente.

Cultura, non poltrone.
Servizi, non cariche.

A partire dal basso, non dall’alto. Ascoltare la voce degli utenti e di quelli che potrebbero essere i potenziali utenti.

Riflessioni di una neo laureata in Servizio Sociale

E dopo aver inforcato i miei occhiali rossi e bianchi (ebbene sì, sono miope ed astigmatica, per non farmi mancare nulla), mi trovo di fronte a questo foglio bianco, che, ogni volta si presta – senza ma e senza se – a farsi riempire.
Il ticchettio dei tasti di questa tastiera mi infastidisce, anche se sono della generazione “e” (electronic), non mi sono ancora abituata.
Riflettiamo, ogni tanto è giusto fermarsi e riflettere, pensare e dare la giusta collocazione ad ogni avvenimento, e riflettere oggi, dopo aver inviato cinquanta Curriculum, ha un altro valore.
O meglio, ha un valore il mio curriculum e con esso le mie conoscenze e capacità, oppure – come troppo spesso sento dire – non hai quel cognome, non sei amica di quella tal persona? La sfida dei prossimi giorni sarà quella di non arrabbiarsi se pochi (o forse nessuno) mi risponderà, io, il mio dovere di giovane squattrinata senza lavoro, l’ho fatto. E proseguirò. Non mi fermo, non mi sono mai fermata, quando l’ho fatto ho dovuto digerire un boccone amarissimo.
E sempre in campo lavorativo siamo, forse ha ragione l’esponente del PdL a dire che il precariato ha una valenza formativa ed educativa? Per me è distruttiva, ma facendo rima…
Nei momenti di serenità, o quando ne ho l’occasione, ho piacere a guardare indietro e vedere com’era la Chiara di anche solo cinque o sei anni fa. Non ero io, non avevo questa consapevolezza, avevo già diverse ferite, ma ammetto che fatico a riconoscermi. Ho voluto dare il merito di questa maturazione all’Università, ma non tanto per quello che è in sé, ma per quello ha fatto nascere e sbocciare in me.
Ho intrapreso il percorso universitario, ed è corretto ammetterlo, non pienamente convinta. Le sfide, le difficoltà da affrontare, senza parlare, ma semplicemente ponendosi dinnanzi a me, hanno iniziato a far crescere una Chiara nuova, che piano piano iniziava a capire cosa voleva e soprattutto perché. In primis, non volevo essere la solita ragazzina che quando parla non ha nulla da dire, e che prende per buono tutto quello che le viene detto, così ho affrontato gli esami di diritto e di politica, tutti gli altri erano invece una scoperta, in quanto, definiti professionalizzanti.
Ottimo, “ti stai creando il futuro”, mi dicevo e così alle lezioni di metodi e tecniche prestavo attenzione, mi immaginavo (perché spesso l’assistente sociale è donna), una donna che ha lo spirito della pulzella d’Orleans e che ogni giorno affronta i problemi della “gente”.
Non abbiamo, noi studenti, mai avuto modo, di comprendere appieno, quanto il banco sia un bellissimo letto di bambagia, tant’è che quando un professore, quello che sarà il mio relatore, ha avuto l’onestà intellettuale di farci esempi e – nonostante tutto – presentarci il lavoro dell’assistente sociale come uno dei più belli, io dal primo banco (per via della miopia), mi sono commossa.
Ho voluto ringraziarlo, non per ruffianeria, ma perché finalmente avevamo avuto a che fare con qualcuno che ha avuto la decenza di dirci che la realtà dei servizi non è solo pagine e pagine di libri, ma che è caos, che noi saremo in una giungla e che nulla sarà facile, ma la passione sarà quello che ci accompagnerà.
Ecco, sul finire dei tre anni, pronta per il tirocinio, avevo la sicurezza di aver preso il corso giusto, e volevo affrontare tutto con una luce nuova negli occhi. La luce è stata subito smorzata quando non ho avuto modo di poter essere affiancata da un’assistente sociale, ancora oggi, anelo di poter vedere all’opera un professionista, forse perché…troppa grammatica non aiuta se non è accompagnata dalla pratica.
Sono stati quattro mesi duri, durissimi…soprattutto perché oltre il danno anche la beffa, io volevo fare tirocinio presso gli Uepe, ed invece, in una Onlus per diversabili. Tutto il contrario.
E se l’esperienza insegna, mai giudicare, sì perché io in quel momento avevo giudicato male, sono stati quattro mesi, duri, ma che nel mio cuore hanno un significato importantissimo. Poi da quattro diventano otto, ebbene sì, il lavoro. Con i ragazzi che oramai avevano fiducia, i genitori che ne avevano forse di più, ma sotto Natale, come regalo ricevo il licenziamento: “le ragazze come lei rubano il lavoro!”.
Ah, ecco, in una Onlus una ragazza che ancora non ha la Laurea in mano ruba il lavoro, che smacco, che sofferenza “e se questo è il volontariato, figuriamo il resto della realtà!”, pensai.
Non ho la risposta, non ho avuto modo di sperimentare altro, quindi resto nel limbo dell’immaginario, senza certezze, in compagnia del mio senso di inutilità.
Senza lavoro, senza stipendio, ma ora ho la Laurea, neanche appesa al muro ti consegnano la pergamena dopo anni, e che cosa? Dovrei essere soddisfatta?
Sì, del mio operato sì, di tutto il resto no!
Sento tanti dare la colpa al momento di crisi, non c’è lavoro, non c’è spazio, ma caspita, siamo il futuro…dicono anche quello,  ma se io non inizio a gettare delle basi solide, domani che cosa garantisco?
Quindi come canta Ligabue “ci sono solo quattro farfalle…un po’ più dure a morire”, ma il titolo della canzone è “il peso della valigia”, sono quelle farfalle lì, che io, come altri giovani ci portiamo dietro. Vorrebbero respirare, e fare quello per cui hanno studiato chi avvocato, chi medico, chi infermiera, chi elettricista, chi web designer.
Ma (e so che con ma non si inizia) voglio aggiungere ancora una cosa, i futuri medici e così tanti altri “futuri” sapranno cosa andranno a fare, così anche le persone che gli stanno attorno, io invece spesso lotto perché la maggior parte delle persone che incontro non sanno cosa fa e che cos’è un’assistente sociale, io, porto solo una spiegazione teorica, non pratica, la fortuna non l’ho avuta, ed anche questo è frustrante, com’è frustrante tutto il resto.
Il tuo paese che ti costringe ad andare via, l’essere giovane – siamo nati negli anni sbagliati – lo dicono anche i sociologi, vivremo come i nostri nonni nel dopo guerra (ma non c’è la guerra!), c’è apatia, c’è arrendevolezza. E’pensare non poter pensare che l’indomani vedrò realizzati quei piccoli sogni che scrivevo sul diario segreto (ma che la mamma leggeva!).
E’ grave vedere che sul giornale, un nonno, si offre come nonno sitter! Ma i nonni, non dovrebbero essere su di una panchina ad “insegnare il mondo” come canta J.ax?
Ed i bambini? Dovrebbero ridere ed i loro genitori non temere perché non sanno come fare per arrivare alle fine del mese.
Forse…ci penserà un’assistente sociale?!