mercoledì 20 gennaio 2016

Uno spaccato di vita umana e professionale

Credo che se questo blog (tanto amato, quanto odiato) ha uno scopo deve essere quello di diffondere gioie e dolori, difficoltà e momenti più piacevoli ed aprire le porte su una professione, quella che ho sempre definito la più bella, la mia. L'Assistente Sociale.

Credo tanto nel mio lavoro, ci credo così tanto che quando mi chiedo se sarei in grado di fare altro nella vita mi rispondo di no (peccando forse di presunzione).

In questo post voglio raccontare, come sempre, uno spaccato di vita umana e professionale che da qualche tempo mi accompagna, ma quando riesco a sedermi e scrivere significa che è pronto per essere condiviso.

In un giorno qualsiasi di un mese qualsiasi mi arriva, fra una telefonata e l'altra, la richiesta di un'indagine sociale su un minore (per dovere non entro nello specifico).
La stampo e la leggo più di una volta. 

"Prego inviare indagine entro il 30 novembre".

La rileggo, non mi faccio congetture od ipotesi, ma prendo un foglio e scrivo quello che da lì ai giorni successivi dovrò fare.
Scrivere le convocazioni al Servizio ai genitori, organizzarmi quelle giornate affinchè lo spazio da dedicare ai colloqui sia adeguato, rileggere la richiesta del Procuratore e, sopratutto, essere pronta. 

Pronta...che poi...chissà mai cosa vorrà dire.

Le storie di vita delle famiglie, i loro cicli di vita, i racconti ed i vissuti ti colgono sempre di sorpresa, impreparata. Non c'è un copione e non c'è una formula magica. 

C'è la professionalità, ci sono i principi etici, ci sono gli spazi ed i silenzi, c'è l'accoglienza ed il congedo.

Il giorno della visita domiciliare concordata mi resterà impresso a vita.

Parcheggio l'auto un poco distante perchè qualche passo a piedi per il paese fa sempre bene, mi spavento per quel solito cane nero che abbaia quando si passa davanti al suo cancello ed arrivo di fronte alla porta di casa.
Suono il campanello e mi apre la mamma del piccolo con un grande sorriso.

Chiedendo "permesso" entro e saluto tutti.
C'è un buon odore in casa, lo riconosco: torta alle mele!

Mi siedo al tavolo, mi presento sia al bambino che al signore accanto a lui, la mamma mi segue poi a ruota nel discorso iniziato (molto leggero e di elogio al bambino per i voti a scuola), però la mia attenzione viene catturata dal bambino. Il suo viso sta diventando piano piano sempre più rosso, cerca di proteggersi con le mani ed all'improvviso scoppia a piangere. 

A questo non ero pronta, forse non lo si è mai! Il pianto di un bambino.
Come lo sentiamo? Come lo gestiamo? Come lo viviamo?

La mamma ed io abbiamo interrotto il discorso e mentre le mi guarda io, forse a ragione, mi sento colpevole di quel pianto. 
Sono un'estranea in casa sua! 
Sono una sconosciuta seduta al suo tavolo!

Cerco di alleggerire la "tensione" accumulata e le mani sul viso si aprono. Io allargo un sorriso e le mani si aprono sul viso, sposto indietro la sedia e porto in avanti il busto e rilancio con una piccola battuta che ha, magicamente, interrotto il pianto.

Ancora rosso in viso mi dice che, prima del mio arrivo, ha preparato con la mamma un torta alle mele per me. Deliziata e riconoscente gli ho chiesto di mostrarla e di poterla assaggiare, ma insieme a lui.

Quanto era buona quella torta, ma quanto amaro il racconto della sua estate appena conclusa.

Non esistono manuali che insegnano a gestire il pianto, non esistono dispense che ci illustrano come entrare nella vita degli altri senza essere "prepotentemente" estranei.

Quello che sicuramente esiste e porto con me sono le emozioni, la passione e la conoscenza del mio ruolo. 
Quelle nessuno le può minare. 

Chiara