martedì 24 gennaio 2017

La pazienza

"Quanta pazienza", "santa pazienza", o ancora "sto perdendo la pazienza!"

Quante volte utilizziamo queste espressioni? Ed ancora quante volte siamo vittime di chi la pazienza la "perde", oppure siamo chi cerca di aggrapparsi anche a quel briciolo di pazienza che gli resta?

Nel vocabolario Treccani si legge: "paziènza (ant. o region. pacènza, pacènzia, paciènza) s. f. [dal lat. patientia, der. di patiens -entis «paziente»]. –  Disposizione d’animo, abituale o attuale, congenita al proprio carattere o effetto di volontà e di autocontrollo, ad accettare e sopportare con tranquillità, moderazione, rassegnazione, senza reagire violentemente, il dolore, il male, i disagi, le molestie altrui, le contrarietà della vita in genere".

Voglio partire da questa definizione perchè, di recente, quella disposizione d'animo l'ho persa, mi è sfuggita di mano in un contesto poco adeguato ma, ne sono certa, per una buona causa. Il mio agire professionale.

Ogni giorno combattiamo affinché il "nostro" operato sia rispettato e riconosciuto, per far in modo che la nostra professione non venga nè vissuta nè interpretata erroneamente, ma sappiamo anche che ci scontriamo contro grandi muri che, ancora oggi, sono difficili da abbattere.
Ecco, forse, in alcuni casi, non soccombere, non lasciarsi sopraffare e - con valide argomentazioni - sostenere la propria posizione permette di dimostrare che la professione di Assistente Sociale non è inferiore a qualsiasi altra. 

In una conversazione telefonica, pochi giorni fa, ho avuto il (dis)piacere di dover constatare quanto la mia professione ancora non sia compresa e conosciuta e quanto altre, invece, si sentano in diritto di inveire, giudicare e criticare e non in maniera costruttiva.

L'articolo 10 del Codice Deontologico dell'Assistente sociale recita così: "L´esercizio della professione si basa su fondamenti etici e scientifici, sull'autonomia tecnico-professionale, sull'indipendenza di giudizio e sulla scienza e coscienza dell´assistente sociale. L´assistente sociale ha il
dovere di difendere la propria autonomia da pressioni e condizionamenti, qualora la situazione la mettesse a rischio". 
Avere autonomia (su una determinata situazione) significa anche assumersi responsabilità (tecnica) e questo, quindi, comporta avere autonomia durante tutto il processo di aiuto, senza dimenticare sia la partecipazione delle persone in ciascuna delle fasi sia la collaborazione con gli altri colleghi, che come ricordano Bianchi E. e Filippini S., "naturalmente ciascuno per il proprio ruolo e sfera di competenza" (Le responsabilità professionali dell'assistente sociale, 2013, p.39).

Io ho difeso la mia sfera di competenza, il mio agire professionale e, di fronte ad urla e parolacce che poco si addicono ad un professionista, ho perso la pazienza alzando il tono della voce. Ho provato ad usare le "buone", ma a poco è servito. Non tolleravo più nè la maleducazione nè lo scarso riconoscimento del lavoro svolto, con alle spalle un preciso mandato istituzionale e professionale.

Mi è stato detto, da una persona più saggia di me, "Chiara quando ci vuole...ci vuole!" e ci voglio credere!