giovedì 26 marzo 2020

"Fa' che non sia una follia credere ancora nelle persone" L.B.

Mi ero ripromessa di non scrivere, avevo deciso che avrai lasciato sedimentare un pò.
Avevo deciso che la sera non avrei pensato al Covid-19, alle lacrime, ai sospiri, all'impotenza, alla fatica e alla rabbia.

Invece no, eccomi! Incazzata. Atterrita.

Non ce l'ho con il Governo, né con tale forza politica o con il vicino di casa.

Sono arrabbiata perché oggi siamo in una situazione tale per cui cerchi di "inventare" di tutto pur di aiutare qualcuno, lo sconosciuto...ma riflettiamo bene, quello sconosciuto potremmo essere noi!

Mia mamma.

Tuo padre.

Tuo nonno

Mio zio.


Oggi mi hanno fatto notare che "siamo in guerra" e che, se siamo in guerra, "tutto è concesso".

Ah sì? Siamo in guerra?
La guerra è quello che ho visto in Siria.
La guerra è quella che ho visto in Nigeria.
La guerra è quella che ho visto in Libia. E così in altri luoghi.

Noi siamo in emergenza sanitaria.

Abbiamo bisogno di umanità, di vicinanza, di capire quando è fondamentale derogare, quando allungare una mano e quando dare tutto il braccio.

Non abbiamo bisogno di sole regole, abbiamo bisogno di cuore e anche di coraggio.

Condividere. Che, voglio ricordare, è cum-dividere: il cum che predispone al rapporto, al dividere con.

E' qui che si gioca la partita il dividere con, è qui che ci dobbiamo soffermare e ricordarci che da soli non si va da nessuna parte, insieme sì, soprattutto in situazioni così spaventose, così nuove, così disarmanti.

La canzone, cantata dalla Mannoia e scritta da Barbarossa, "parla" per me



lunedì 16 marzo 2020

"La vita non è fatta dai desideri bensì dagli atti di ciascuno" P.C.

Sono giorni di hashtag, flash mob e meme sui social.

Voglio uscire un pò da quel mondo e tornare in quello reale, in quello dove - da qualche giorno a questa parte - si soffre, si ha paura, si resta smarriti, attoniti e impotenti.

Sono entrata in ufficio e ho osservato i miei colleghi chiedendomi per quanto riusciremo a tenere botta, leggo le diverse mail di lavoro che, piano piano, stanno modificando il modo di lavorare per fare in modo di essere tutti più al sicuro. Ascolto tante, ma davvero tante voci: una trema, l'altra è dolce, l'altra ancora è arresa e la mia? La mia cerca di essere forte, rassicurante, pronta.
Ogni volta che termino una chiamata, però, respiro, devo respirare.

"La mia bambina ha la febbre"
"Mia mamma è peggiorata, non volevo chiamare, ma non sapevo più chi chiamare"
"Devo fare la spesa, chi può andare a fare la spesa?"

In giorni "normali" bè, la febbre, la spesa e una futura casa di riposo le vedrei come i giorni, "normali"; invece no! Oggi la febbre fa paura, la mamma che peggiora fa paura e la spesa (da fare e da consegnare) diventa più complicata.

Tutto è nuovo e tutto va compreso, tutto va rimodulato e tutto va ri-definito. 

I rapporti con i colleghi vanno maneggiati con cura, le persone vanno accompagnate con delicatezza, ma con mano salda, i telefoni vanno caricati una volta in più, le e-mail vanno controllate più spesso, le richieste che arrivano vanno prima comprese e poi gestite con le risorse che ci sono e non sempre sono sufficienti.

Questo ora.

E dopo? E domani? E fra qualche mese?

Quello che sta accadendo oggi deve insegnarci il valore della vita, l'importanza delle relazioni umane, il rispetto per ciascuno, la potenza dell'unione e della collaborazione.


Chiudo il posto ringraziando chi, con messaggi vocali e telefonate condivide la stanchezza e la follia che si porta dietro e chi, con un messaggio in segreteria mi ricorda di "tenete duro che ce la faremo!"

E...domani si festeggia la Giornata Mondiale del Servizio Sociale, si festeggia, sì perché riuscire a "sorridere in momenti di crisi è un atto rivoluzionario " diceva qualcuno di importante.

Chiara