martedì 28 luglio 2015

Una riflessione di "senso" di mezza estate

Ondate!

Le famose ondate che tornano e scompaiono nei tg, a volte, le vivo nella vita quotidiana.
Da mesi, oramai, sento sempre la solita "filastrocca": siamo senza risorse, siamo in difficoltà e quando la coperta è corta...

Tutte affermazioni vere e basta guardarsi attorno per rendersene conto (non voglio scadere sui bollini neri in autostrada etc.etc.etc..), però, come sempre, c'è un "però".

Nei servizi argomentiamo questa realtà?
E come?
Come interagiamo con l'utenza quando le soluzioni pratiche, quelle da cilindro, non sono più "a portata di mano"?
Ci adoperiamo per diffondere la cultura del Servizio Sociale?

Siamo una categoria mal vista e, a mio avviso, scarsamente conosciuta, con un alone oramai incrostato che i mass media ci hanno regalato, ma quello che spesso mi chiedo è:
"Cosa posso fare per smussare questa situazione...nel mio piccolo?"
Un post di facebook non basta, così come non risolve i problemi questo post, ma i miei sforzi quotidiani sì.

Spiegare il nostro ruolo, ma non con termini accademici e da Esame di Stato, parole semplici, ma chiare e precise;

Condividere come lo Stato funziona e come analizzare le notizie che si sentono e leggono che, spesso, fomentano odio e frustrazione;

Spendere 10 minuti in più per dettagliare il procedimento di una pratica ed il funzionamento del proprio ente;

Dare un senso all'importanza degli strumenti e delle tecniche del Servizio Sociale Professionale ed utilizzarle per offrire un sostegno ed ascolto a chi ha bisogno e si rivolge a noi.

Avvicinarsi all'utenza con la correttezza di un professionista, l'umiltà di un essere umano senza dimenticare l'obiettivo ed i principi della professione:

La professione è al servizio delle persone, delle famiglie, dei gruppi, delle comunità e delle diverse aggregazioni sociali per contribuire al loro sviluppo; ne valorizza l´autonomia, la soggettività, la capacità di assunzione di responsabilità; li sostiene nel processo di cambiamento, nell´uso delle risorse proprie e della società nel prevenire ed affrontare situazioni di bisogno o di disagio e nel promuovere ogni iniziativa atta a ridurre i rischi di emarginazione. (Art 6 Codice Deontologico)



domenica 5 luglio 2015

Una storia da... raccontare

Tempo fa avevo promesso che avrei scritto questa storia di vita e finalmente posso farlo.

In ufficio suona il telefono è la Dottoressa del paese che mi chiama per dirmi di aver detto ad una coppia di suoi pazienti di presentarsi a ricevimento pubblico.
Puntuali, timidi e timorosi entrano nella sala consigliare del Comune, li accolgo con il sorriso e li invito a sedersi.
Lui si toglie il cappello ringraziandomi ed aiuta la moglie a sedersi.
Si accomodano ed io mi presento mentre li osservo.
Lui è un anziano di 90 anni (anche se ne dimostra almeno 10 in meno) che nella vita, oramai, si occupa della moglie che ha a fianco. Lei è magrolina, pallida con i capelli a caschetto bianchi e lucidi.
E' lui a presentare entrambi perchè lei non parla, o parla poco.

Non voglio arrivare subito al punto, devo prima capire che sono a loro agio e lo capisco dal momento che lui poggia la schiena contro la sedia.
Dopo qualche minuto di conversazione leggera chiedo qual è il motivo che li ha portati da me.
La loro richiesta non è subito chiara, lui rialza la schiena ed apre una cartelletta in pelle usurata ed estrae diversi fogli di visite mediche.

"Non è che ci capisco molto, guardi lei".

- Decadimento cognitivo, malattia di Alzheimer, diabete .... -

Quei fogli parlano di lei.
Chiedo, ad entrambi, se sono da soli, dove vivono, come si spostano, come sono le loro giornate.

Hanno un figlio di 40 anni che ha perso lavoro, ma che non si occupa molto di loro: "sa non gliel'abbiamo mai chiesto..."

Chiedo ancora cosa pensano di aver bisogno.
Lui sorride, lei mi osserva e lui mi dice:"non è che c'è da firmare eh!!"
"Nulla da firmare, cerco di capire come possiamo aiutarvi e così facendo presento anche i miei colleghi ed il servizio".

Lui è interessato e curioso, termino il colloquio fissando una visita domiciliare.
Lui ritira tutti i fogli nella sua cartelletta e mentre la chiude mi chiede scusa.

Scusa!?!

"Perchè mi chiede scusa, io la trovo così bella, mi sono sempre piaciute le cose in pelle!"
"Perchè è vecchia, questa borsa ha 50 anni, me la sono fatta da solo! Lavoravo la pelle, io facevo le selle per i cavalli e quando me lo chiedevano facevo anche le borse. Una per me". Anche mia moglie è un'artigiana, ha perso quasi tutta la vista cucendo, ma cosa si poteva fare ai nostri tempi??"

Adoro questi racconti, adoro la delicatezza di quelle mani e quegli sguardi.
Un'educazione di tempi andati e che, chissà, se qualcosa ci hanno lasciato.

Concludo la storia con la visita a casa loro.
Ci accolgono in un giorno di primavera, soleggiato e con cielo terso.

"Abbiamo messo il nostro vestito migliore solo per lei! Quello che ha indosso mia moglie lo ha cucito lei anni fa, quando ancora ci vedeva!"

Ditemi quanto valore ha tutto questo?

Chiara