martedì 21 aprile 2020

Tu chiamale se vuoi....emozioni (mentre lavoro da casa)






In questi giorni mi sento, esattamente, così.

Un pallina da flipper

Sbatto contro la rabbia, mi ritrovo contro una risata isterica, poi mi scontro contro l'impotenza, finisco contro la gioia di vedere un paio di colleghi via Skype; terminata la chiamata ho a che fare con il magone da gestire e il telefono che suona. Ancora!

Mi trovo con il filo degli auricolari del cellulare, che si ingarbuglia con quello delle cuffie collegate al pc, le varie notifiche audio e video che si sovrappongono e, proprio come quei fili, mi ritrovo aggrovigliata.
Tante cose da fare.
Risposte da dare.
Persone da richiamare.
Una riunione alla quale partecipare.

Una donna che piange, un uomo che cerca di spiegarsi e non riesce, una ragazza che prova a star dietro alla nuova dimensione famigliare. Un adolescente che cresce e che cerca di dare un senso a quanto sta accadendo.
Una collega che chiama, ma "aspetta che suona il fisso e ti richiamo" e quel ti richiamo diventa una lunga sfilza di messaggi WhatsApp perchè "non riesco a richiamare, scriviamo".

Il pensiero che corre e lo sguardo che cade sul foglio con "cose da fare" che non diminuisce, ma aumenta e le ore che ti sfuggono dalle mani; il tempo corre, vero?

E io che cosa sto facendo?

Lavoro? Corro? Annaspo? Tengo botta? 

Quello che è certo che ho scoperto la meraviglia del silenzio, io. Proprio io che detestavo il silenzio perché mi metteva faccia a faccia con i miei pensieri.
Adesso no, mi restituisce una sorta di normalità che, talvolta, manca da far quasi male!

In quel silenzio, però, prendono anche posto, forma e significato ogni singola emozione provata durante la giornata. 
Sento i muscoli che si distendono e le mascelle meno serrate. 
La rabbia che ho provato, lascia spazio alla leggerezza.
Posso chiudere gli occhi che bruciano e correre con l'immaginazione.
La fatica della giornata e la tristezza di alcuni momenti condivisi con chi ha intercettato la mia voce, si sposta. Non svanisce, si allontana un pò per far passare la "stupidera" con una collega lontana km, ma vicina con l'anima.

Questo è.

Ligabue canta: "Giorno per giorno, sempre ballando, non prendere mai questa vita né poco né troppo sul serio"  e Ligabue resta pur sempre il mio cantante preferito

Chiara













giovedì 9 aprile 2020

Buoni spesa - questione di etica, buon senso, onestà o...

E' da quando il Presidente del Consiglio, Conte, il 28 marzo scorso ha annunciato i "buoni spesa" che sono entrata in un tunnel cupo e insidioso, non facile né da reggere né da gestire.

I "buoni spesa" non devono essere intesi solo come un mero voucher che "mi prendo per far la spesa", dietro c'è altro, tanto altro. Mi riferisco al lavoro, alla riflessione e al pensiero. Non solo sull' "oggi", però.

In questi giorni i telefoni sono "roventi", chi chiede aiuto per compilare le domande, chi chiede se potrà essere beneficiario, chi inizia a raccontare una serie di lunghe disgrazie che, poi, col buono non avevano nulla a che fare.

I Servizi Sociali giocano, insieme ai Comuni, un ruolo centrale, ma come tutti i ruoli, va preso con la dovuta serietà; la partita che stiamo affrontando non è il derby di paese di Serie C, ma la finale di Champions League. 

Abbiamo il dovere di facilitare l'accesso alle domande, di spiegare cosa sono questi buoni e il motivo per cui sono stati pensati e le relative modalità di erogazione, di fare da filtro. Ebbene sì, non tutti hanno diritto ai "buoni spesa", non per cattiveria, ma perché vi sono dei requisiti, come è giusto che sia, perché non tutti siamo stati colpiti in egual maniera dal "Covid-19". C'è chi è più "fortunato" e ha ancora un lavoro che può portare avanti con tutte le misure di sicurezza del caso e che, con quel lavoro, può pagare le spese.
C'è chi, invece, ha visto chiudersi le porte in faccia, chi è stato "lasciato a casa", chi è in seria difficoltà e le conseguenze dell'emergenza iniziano a farsi sentire. 

In questi giorni sto accompagnando diverse persone nel fare la richiesta e, come sento dire spesso, "senta io ci provo", ma perché provarci? Ragioniamo insieme se si è o meno destinatari. E' corretto comprendere fino a che punto spingersi, perché poi, onestamente parlando un rifiuto non fa mai piacere, è bene comprendere prima, che rimanerci male dopo e magari prendersela con le persone sbagliate.


Anche i "decisori" devono mettersi in quest'ottica, soprattutto perché "l'oggi" terminerà e come ha spiegato, di recente, un docente di "storia della medicina", Grignolio, il cervello dell'Homo Sapiens è dipendente dalla contingenza e quindi: quando c'è il rischio percepito il cervello ricorre, mentre quando il rischio non c'è più, ci dimentichiamo.
Ed ecco che: no, non ci dobbiamo dimenticare!
Il domani, ad oggi sconosciuto, risentirà fortemente di quello che stiamo vivendo e non possiamo pensare di affrontarlo quando arriverà. Le conseguenze socio economiche di questo virus sono già immaginabili e tangibili adesso, e quindi è fondamentale ricordarsi che i "buoni spesa" sono un tassello, ma che le manovre che andranno pensate, che i servizi che dovranno essere erogati non dovranno essere "solo" economici; che le politiche non dovranno essere di tagli, ma generative. 


Sono crollate le certezze, sono crollate le illusioni, sono crollate le (false) sicurezze. 
Quando qualcosa crolla va ricostruito, dal basso e possibilmente più solido di prima e in grado di ammortizzare gli scossoni futuri.


Non dobbiamo perdere questa finale di Champions, ma dobbiamo ricordarci anche che ci sarà, metaforicamente parlando, tutto il prossimo campionato da giocare.

Chiara

"Bambina filosofica - Vanna Vinci, 2007"