lunedì 4 settembre 2017

Essere mamma...è bello!

"Essere mamma è bello!" così inizia un post scritto da una mia amica e collega Assistente Sociale, Elisa Bianchi

"Essere mamma è bello" ed io inizio a leggere il suo post convinta di leggere parole dolci e di incoraggiamento alla maternità, invece mi trovo davanti ad una lucida analisi di quella che è la realtà di oggi. Ho terminato il suo scritto sconfortata e dispiaciuta e non solo perchè è Elisa, ma perchè mi chiedo quante "Elisa" ci siano e quante siano le loro fatiche, le loro battaglie quotidiane e quanta la loro forza per reagire ed essere il "motore che muove il mondo", o così almeno credo io!

Elisa ha avuto il coraggio e la voglia di mettere nero su bianco i suoi sentimenti e quella che è la sua realtà ed è per questo che merita di essere pubblicata e letta da più persone possibile, insieme alle parole di Tito Boeri che il 5 luglio scorso ha dichiarato: «il reddito potenziale delle donne lavoratrici subisce un calo molto accentuato pari a -35% nei primi due anni dopo la nascita del figlio, soprattutto fra le donne con un contratto a tempo determinato, perché provoca lunghi periodi di non-occupazione. Le madri sono anche "vittime" del precariato. Non sorprende perciò constatare come la crisi abbia fortemente ridotto le nascite -20% nel Nord del paese. I costi della genitorialità - ha aggiunto Boeri - potrebbero essere fortemente contenuti non solo rafforzando i servizi per l'infanzia, ma anche e soprattutto promuovendo una maggiore condivisione della genitorialità».

Vi lascio alla lettura senza aggiungere altro.

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Essere mamma...è bello! essere (neo) mamma lavoratrice....un po'meno. 
Quando scopri di essere incinta, hai quasi timore a comunicarlo a lavoro; lo fai come se dovessi giustificarti per la tua "condizione", ti pare di essere anche un po' stronza a non avere reso partecipe il tuo datore di lavoro di quanti potenziali rapporti a rischio hai avuto nel periodo fertile. 
Ok, vai in maternità. Inizi ad approcciarti alle simpatiche signore del Patronato per le varie pratiche. In coda, in piedi, fuori dagli uffici dal mattino presto perché ti hanno detto che fanno passare solo 15 persone. Che vuoi che sia un'ora e mezza di coda?Si, prova a farlo con un peso costante sulla vescica e la carenza da zuccheri della mattina!
Comunque ora sei a casa, puoi goderti in tutto relax la tua gravidanza. Ok, è passato un mese e ti sei già un po' stufata di incontrare lo stesso vecchietto al parco, le tue amiche lavorano, maledici il fatto di non avere un cane da portare a passeggio almeno due volte al giorno. Ikea ti viene in soccorso e così rivoluzioni casa, tipo che dal mattino alla sera il tuo compagno di rientro da lavoro si trova una stanza in più in casa. 
Arriva il tanto atteso giorno, è nato. Sei mamma. È la cosa più bella che tu abbia mai visto ma pensi "mai più nella mia vita, grazie!" 
La tua liason con le gentili signore del Patronato non si è ancora conclusa. Entro 3 mesi del pupo devi correre per prorogare la maternità. Chiami, appellandoti alla comprensione, chiedendo un appuntamento in modo da evitare la coda di cui sopra, al freddo di dicembre, con un neonato. Ti dicono che non possono farci nulla, "signora, deve essere lei a organizzarsi!" Rimandi almeno 3 volte: la prima perché consapevolizzi che al mattino non hai una vita fuori dal pigiama e la tetta pronto uso, la seconda perché ti sono ricomparse le emorroidi da parto (anche se ti chiedi se mai ti avessero lasciata) e non riesci a stare seduta, la terza ti vesti, vesti il pupo, lo cambi, carichi passeggino e ovetto in macchina, lo cambi-nuovamente-, arrivi mezz'ora prima dell'apertura, ti senti estremamente figa. Sbagli giorno.
Nei mesi successivi, dai fondo a tutte le tue ferie e permessi perché con il 30%dello stipendio ci fai ben poco.
Arrivi al settimo mese del bimbo e decidi di rientrare a lavoro. Ti autoconvinci che va bene così, che è giusto così, che si è adattato benissimo a stare coi nonni. Ma dentro te hai un magone che manco il primo giorno di scuola. Devi farlo però....la tua posizione da precaria ti mette nella posizione di dovere dimostrare anche in questa occasione quanto tu sia contenta di lavorare e pronta, prontissima per farlo!
Al mattino piangi, ma lo fai in bagno, di nascosto e velocemente, perché mentre ti lavi i denti hai il pupo sulla sdraietta che urla e richiede le tue attenzioni. Arrivi a lavoro, scompigliata come se ti fossi appena alzata da una notte di sesso. Non è proprio così. Il pupo sta mettendo i dentini e ci ha tenuti svegli quasi tutta la notte. Ma va bene, riusciamo ad alternarci bene- confidi alla collega, di fronte al tuo decimo caffè della giornata.
Le giornate passano tra la lotta a concentrarti in ciò che fai e i video/foto che i nonni mandano sui gruppi Whatsapp di loro con il pupo: in bici, al parco, sul prato, a passeggio, mentre fa la pappa e la nanna. Esci da lavoro, vai a recuperarlo dai nonni, i quali ti fanno il resoconto di ogni funzione corporale espletata dal cucciolo. Torni finalmente a casa e iniziano le "calde ore serali": gioco, bagnetto, pappa, preparazione cena, cambio pannolo, nanna, cena-la tua-finalmente. 
In tutto questo periodo da ricovero in Casa di cura, a lavoro pensano bene di fare un concorso. Sai che è la tua grande occasione per regolarizzare finalmente la tua posizione. Riprendi a studiare. Si, fallo con un pupo bisognoso di attenzioni che stai ancora allattando. Ogni frazione di tempo libero studi, le "pause siga" di una volta sono sostituite dalle poppate, hai bava e briciole tra le pagine-strappate -dei libri. 
Affronti le prove a testa alta, stringendo stretto il pennarello blu con cui giocavi con il piccolo mentre ripassavi il giorno prima. 
Non va come sarebbe dovuto andare per avere determinate garanzie. D'altronde, a chi era seduto dall'altra parte della scrivania -giustamente- non importa che hai passato le notti in bianco, che sei talmente prosciugata dalla stanchezza che non riesci a memorizzare le nozioni come da manuale, che hai ripreso da poco a lavorare ed è ancora tutto così strano...
In un attimo ti ritrovi a ricoprire il cliché della giovane madre che ritorna dalla maternità... e non ha più il lavoro. E tu, che fino ad ora ne avevi solo sentito parlare da persone lontane da te, ti rendi conto di quanto punga questa situazione. 
Ti vengono proposte alternative e capisci come, dopo un figlio, le tue valutazioni sulle proposte lavorative cambino. Ti vergogni, perché non sei mai stata così, eppure ora il primo elemento che valuti è la distanza dal luogo di lavoro. Ti scopri andare su Google Maps per calcolare il percorso casa-lavoro. Anzi no, ti viene spontaneo inserire quello lavoro-casa, perché pensi subito quanto ti ci vorrà a ritornare dal tuo bimbo a fine giornata lavorativa. Non osi fare parola con nessuno delle tue perplessità perché tu hai già "l'handicap" di avere un bimbo piccolo, non puoi permettertelo !
Io credo davvero che una madre all'interno di un'azienda sia un valore aggiunto e non un deficit, come spesso viene vista. Diventando mamma acquisisci una capacità di problem solving, di essere multitasking, di empatia, di solidità...che dovrebbe esserci la voce "mamma" sul cv. Purtroppo penso che fino a che la domanda "pensa di avere figli?" a colloquio di lavoro, scaturirà sudori freddi nella candidata di turno (perché non viene chiesto ad un candidato...) le politiche sociali italiane dovranno fare i conti con l'ignoranza, la mancanza di visioni lungimiranti e l'inevitabile mancanza di crescita economica.
Amare il proprio lavoro ed avere una famiglia è davvero così utopia?