martedì 25 ottobre 2011

L'università apre le porte della "casa più spiata d'Italia"

Il Grande Fratello oltre ad essere un reality che occupa il tempo di chi, con interesse, lo guarda, permette anche di muovere riflessioni.

Ieri, insieme ad amiche e colleghe, ho appreso che una nuova concorrente è una studentessa di Servizio Sociale. 
Voglio ribadire, prima di proseguire, che ogni scelta dev'essere libera e non condizionata ma, almeno credo, debba essere ponderata.
Non voglio assolutamente giudicare la ragazza che è entrata nella casa soprattutto perchè non so chi sia, non la conosco, ma posso riflettere sulla sua scelta, anche grazie alle "indagini" svolte dalle mie colleghe che frequentano lo stesso Ateneo della ragazza in questione.

Parto dal presupposto che se un ragazzo frequenta l'università lo fa con un motivo serio, con convinzione e dedizione, non può prendere l'università come un parcheggio o come scusante (noi siamo i professionisti di domani, qualsiasi facoltà abbiamo scelto). 
Vengo subito smentita, si legge su una delle tante pagine di questa ragazza che lei non frequenta più, in quanto, essendo nella casa, ora non le serve più studiare.
Ah, bene, quindi è questo il sentore generale?
L'università si fa e se ci apre le porte del lavoro bene, sennò tentiamo la televisione, che a mio avviso, ha creato col tempo false speranze e falsi miti. E questi miti, a volte, vengono riesumati dai loro antri e vengono, ancora, venerati.
La tv è il fine ultimo della vita, mostrarsi e nulla più? Ed il cervello, le idee, le novità e le intuizioni, dove sono?

Mi chiedo ancora: ma quando si sceglie una professione di aiuto, lo si fa con testa e cuore, oppure perchè è la più vicina a casa, od ancora peggio, ritenuta facile rispetto ad altre?
Non si può pensare che la tv sia l'unico canale di accesso al mondo, la vita reale è "in strada", è "il vicino di casa" è l'altro che, ogni giorno, incrocia il nostro sguardo.
Siamo arrivati al punto che, l'individualismo prevale su ogni cosa, valore o persona? Basta che la faccia io? E' una lotta tutto contro tutti, ovviamente in vetrina, sennò gli "sforzi" fatti per farsi notare, dove vanno a finire?

Termino l'articolo prendendo in prestito le parole di una docente di una mia collega: "se decidiamo di svolgere un lavoro in cui la relazione è il fulcro dell'attività dobbiamo interrogarci a livello personale sui motivi dei tale scelta:non sempre le relazioni originarie sono soddisfacenti e, sovente, cerchiamo un rapporto per correggere quanto di doloroso abbiamo sperimentato in esse".

Ritroviamo i valori, e questo non vuol dire tornare indietro, ma avere un senso di consapevolezza e dignità. E' un mio personale pensiero sociale, e come tale, opinabile.

Chiara

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