giovedì 27 ottobre 2011

Castrazione chimica, pena di morte...soluzione finale, o soluzione per ripartire?

Questione ambigua, controversa e soprattutto delicata.
Voglio ripetere che questo blog è uno strumento che uso per riflettere e non per propagandare il mio pensiero, tanto meno voglio avere ragione a prescindere.

Per iniziare il mio "pensiero sociale" prendo, da "Italia salute.it", la definizione di castrazione chimica: "La castrazione chimica e' un tipo di castrazione, solitamente non definitiva, provocata da farmaci a base di ormoni".

Dunque farmaci, che addormentano la libido per tutta la durata dell'assunzione, quando, il soggetto interessato smette di prendere il farmaco e gli ormoni, l'efficacia smette. Non sono cose che invento ma che ho letto, quando il dibattito era acceso su questo argomento.
Viene da chiedersi, quindi, quanto sia efficace questa soluzione? Prendere un soggetto, sottoporlo ad un trattamento definitivo per eliminare il problema.
Così la pena di morte, hai ucciso? Adesso tocca a te, così mai più ucciderai.

Mi sembra troppo facile, troppo semplice, troppo sbrigativo.
Quanto è utile nascondere il problema, anzichè analizzarlo?
Quando giova alla società tutta prendere (e ringrazio J-Ax per la parafrasi che andrò a fare) il "mostro", dargli un "colore" e gettarlo via. Come per magia non c'è più la persona, non c'è più il problema; ma è risolto?

Io, credo fermamente nel lavoro sulla relazione senza farmaci, senza interventi così drastici.
Non nascondo che per determinate patologie siano utili i farmaci, ma che non sia l'unica via da percorrere, anche. Un farmaco con una terapia relazione, certo questo sì, ma quando si parla di patologie conclamate e riconosciute come tali. Voglio dare un valore alla relazione, voglio credere nel cambiamento, voglio credere al supporto psicologico e sociale, voglio credere che, il passato di una persona possa incidere, ma così anche l'intervento sul presente, sull'ambiente.

Voglio credere che, chi commette un reato non debba essere preso ed archiviato, ma supportato durante e dopo la detenzione, e se emerge una patologia psichiatrica, bene, che vengano attivati tutti gli interventi necessari, ma che si basino, in primis sulla relazione, sull'aiuto e sulla fiducia. 

Spazi di ascolto per le vittime e per chi ha commesso un reato.

Concludo riportando le parole di Lino Rossi dopo che diverse professioni come psicologi, psichiatri e criminologi hanno detto "no" alla castrazione chimica: «Perché? La castrazione - spiega Lino Rossi, psicologo e criminologo, docente di Psicologia giuridica all'Università di Modena e Reggio Emilia, che sta lavorando proprio alla definizione del profilo psicologico del pedofilo - è una questione non tanto chiara. Da una lato provoca un temporaneo abbassamento dei desideri sessuali, dall’altro rende il soggetto più aggressivo. I dati - continua Rossi - provengono da una ricerca condotta in California e Canada, dove viene praticata la castrazione chimica. Sul piano clinico va premesso un fatto: chi abusa esprime un disturbo psicologico e non patologico, la pedofilia non è una malattia».

Chiara

4 commenti:

  1. Ciao e piacere di conoscerti...siamo colleghe!

    RispondiElimina
  2. Mi piace questo articolo cara. baci

    RispondiElimina
  3. Perché castrazione chimica ?, castrazione e basta !, assolutamente definitiva come la vita che mi hanno rovinato fin da bimbo.

    RispondiElimina