mercoledì 4 gennaio 2012

Il mondo "carcere" dalla prevenzione alla morte

...c'è di mezzo il mare.
Si leggono i rapporti, carceri sempre più piene, gli opg che sono in condizioni pietose, troppi detenuti in attesa di giudizio ed infine che i suicidi sono in aumento.

Fermiamo un attimo il mondo e ragioniamo.
Esiste un codice penale, esistono delle regole di condotta, viviamo in società e gli avvenimenti spesso contingenti condizionano le condotte e gli stili di vita.

Quando si perdono i valori, quando vengono presi come esempi "vite" estreme, quando l'apparire prevale sull'essere è inevitabile che i meccanismi si inceppino e la macchina "penale" venga messa in moto.
A ben vedere, però, se si potesse agire prima, ossia lavorare di prevenzione, forse determinati atteggiamenti, comportamenti e condotte potrebbero essere contenute.
Prima di entrare nel sistema carcere, che è necessario se utilizzato al fine di ri-educare il condannato, sarebbe auspicabile che ogni cittadino potesse vivere vedendosi garantiti i diritti esigibili, che i servizi gli fossero garantiti, che le leggi fossero applicate ed infine che il territorio fosse veramente valorizzato, come espressione del bisogno ma, soprattutto come luogo di prevenzione e lavoro di rete e comunità.

Poniamo il caso che, però, un cittadino a seguito di una pena definitiva debba entrare in un carcere sarebbe opportuno che, all'interno delle mura, non venisse annullato come uomo ma, bensì ri-educato. Che abbia a disposizione un équipe in grado di sensibilizzarlo e far capire che il fatto commesso è un reato e che è necessario intraprendere un percorso ri-abilitativo e non stigmatizzante. E' necessario avere personale preparato e soprattutto risorse, evitare suicidi e che il "reo", abbia la reale possibilità, una volta scontata tutta la pena, di rientrare in società, ed essere - perchè no - una reale risorsa.

Parole d'ordine: prevenzione, ri-educazione e risorse umane e materiali.


Chiara

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