martedì 27 maggio 2014

Apprendere dall'esperienza...quanto è vero

La parola "esperienza" si sente e si legge spesso.
Negli annunci e nei colloqui di lavoro, nei discorsi di tutti i giorni con gli amici e con la propria famiglia, in televisione...è una di quelle parole che richiama alla mente diverse immagini e, forse, anche un tocco di amarezza quando, questa, manca.

Spesso mi sono sentita carente, e mi hanno detto di essere mancante sotto questo punto di vista, ma quando c'è l'occasione, è bene sfruttarla.

Quest'oggi si è conclusa un'esperienza per me, altamente formativa, sia dal lato umano, che sul lato professionale.

E' iniziata con le parole della mia responsabile di servizio: "Chiara, sarai tu in prima linea".
Ero supervisore, in una casa di riposo, di un ragazzo di 17 anni con ritardo mentale lieve, con deficit di attenzione associato a problematiche comportamentali ed emotive.
Quando l'ho conosciuto ero sia emozionata sia pensierosa, conscia della responsabilità che mi stavano dando.
Non potevo e non volevo deludere nessuno, in primis questo ragazzo.

Situazione di partenza: non ero mai stata in casa di riposo, non ero mai stata supervisore e soprattutto c'ero solo io per me, le risorse non permettevano nulla di più.
Proseguendo: costruire la relazione con il ragazzo giorno per giorno, inserimento all'interno della struttura, definizione e condivisione del progetto, sviluppo del progetto con raggiungimento degli obiettivi ed infine, partecipazione al gruppo di lavoro in neuro psichiatria infantile.

Scritto così, forse, può sembrare poco, ma così non è stato.
Ora, però, al termine di questi mesi di lavoro, sono certa di essere più ricca e soddisfatta del lavoro che ho svolto.
Ho visto questo ragazzo crescere, superare ostacoli più grandi di lui, l'ho visto cadere e rialzarsi senza darsi per vinto, l'ho visto superare la timidezza ed avvicinarsi piano piano agli ospiti della casa di riposo, ho visto il suo timore diventare un sorriso sincero quando qualcuno lo ringraziava o gli faceva qualche complimento.
Il percorso, però, non è stato solo suo, sono cresciuta anche io, ho affrontato nuovi ambienti, nuove sfide e quando non potevo far altro che contare su me stessa, mi sono data fiducia.

Il viaggio affrontato è stato, come tutti i viaggi, faticoso, con tappe intermedie difficoltose, ma avevamo entrambe mete definite, sapevamo i nostri obiettivi e li abbiamo raggiunti.
Non nego le difficoltà e la mancanza di un confronto oppure di un supervisore a mia volta, ma adesso il mio bagaglio esperienziale è più grande e sono riconoscente, a chi, ha deciso di farmi fare questa esperienza di lavoro e di vita.

Situazione finale: obiettivi raggiunti, soddisfazione del gruppo di lavoro e le parole della Neuro Psichiatra Infantile: «I risultati si vedono e sicuramente interrompere un percorso quando si ottengono queste soddisfazioni è sempre un dispiacere».

Ora, questo ragazzo, dovrà affrontare nuovi ostacoli, da solo, non avrà più una supervisione, ma spero che tutti i passi compiuti insieme, tutte le parole fatte, i momenti di stop e riflessione ed i momenti di "corsa" gli siano utili per dare il massimo in futuro.

Chiara


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