domenica 14 gennaio 2018

"Imparare a pensare a quello che pensiamo per fare ordine dentro" [Cit. Prof.ssa Luigina Mortari]

Di recente ho partecipato ad un ciclo di incontri il cui tema era "la cura".
Ho desiderato fortemente non perdere quello tenuto dalla Prof.ssa Luigina Mortari perchè sia a livello personale che professionale "mi prendo cura".

Quel pomeriggio, insieme a lei, abbiamo riflettuto sulla differenza fra "Iatrike" e "Therapeia" lemmi che derivano dal greco antico ma che, ancora oggi, devono e possono farci pensare. (In inglese la differenza la si può ricercare in  To Cure e To Care).

Io, banalizzando, traduco con: "c'è cura e cura". Esaurire così il pensiero, però, sarebbe troppo facile, ecco che è giusto che mi ri-allacci a Iatrike e Therapeia per approfondire la differenza delle azioni terapeutiche.

Iatrike è intesa come l'azione del medico che pone rimedio alla malattia del corpo, ovvero avere cura degli altri come "corpo" e permettere a quest'ultimo di ritrovare equilibrio, mentre la  Therapiea è intesa come la cura dell'anima, la Therapeia tiene in considerazione contemporaneamente la dimensione spirituale dell'uomo sia quella più concreta, il corpo.

Questo, però, è sufficiente? 

Si può andare anche oltre con Epimeleia parola del greco antico che sta a indicare l'azione di cura che coltiva l’"essere" per farlo fiorire. Epimeleia è la risposta che viene data al bisogno di orizzonti di senso, così come ci dice la Prof. Mortari: "aver cura di sé per disegnare di senso la trama del proprio tempo, significa consentire all’essere di nascere all’esistenza".

Platone (Repubblica I, 241e) ci ricorda che l'essere umano (il nostro corpo) è vulnerabile e può "incepparsi" e va, quindi, curato, ma in tutte le forme dalle cura, compresa Epimelia, così come faceva Socrate; il filosofo curava l'anima, ovvero faceva fiorire l'essere dell'altro. In altri termini? Socrate non insegnava, ma educava
Educare equivale ad aver cura delle persone, che possano sviluppare la loro l'umanità.

Come "esseri umani" nasciamo con la preoccupazione di esistere (la Prof. Mortari ricorda che: "si nasce appesantiti dalla preoccupazione di esistere"), il peso di "esserci". Noi siamo "problemi "perché ci interpelliamo sul senso delle cose. 

Che cosa bisogna fare, quindi, per dare senso alla vita?

La risposta nuovamente la dà la Prof. Mortari quando dice: "Senza la cura di me io non posso realizzare me stesso, la vita è fatta di tempo e la peggior cosa è l'incuria del tempo che passa!"


Chi "cura" (nel senso più ampio del termine) è capace di attenzione verso l'altro, ha senso di responsabilità e prova compassione, ovvero "sente" il dolore dell'altro senza esserne indifferente. Questo concetto rimanda ad un tema molto caro ai professionisti della cura e dell'aiuto quello dell' "Empatia". Provare empatia significa capire con la mente come l'altro si sente, profondamente, senza  però farsi invadere, diversamente esauriremmo lo spazio a nostra disposizione e ci bruceremmo!


Quando ci si prende "cura" di una persona non bisogna limitarsi alla semplice medicina, oppure alle cure naturali, è importante ricordarsi che anche le parole sono importanti, perché siamo esseri pensanti ed ogni parte del nostro corpo va in ugual modo "curata", in egual misura deve avere attenzione.  Suggerisco a tal proposito "Le parole della cura" di U. Curi
Il caro e buon vecchio Franco Battiato tutto questo lo aveva capito bene quando compose "La cura"

"Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
Dalle ossessioni delle tue manie"


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