domenica 5 luglio 2015

Una storia da... raccontare

Tempo fa avevo promesso che avrei scritto questa storia di vita e finalmente posso farlo.

In ufficio suona il telefono è la Dottoressa del paese che mi chiama per dirmi di aver detto ad una coppia di suoi pazienti di presentarsi a ricevimento pubblico.
Puntuali, timidi e timorosi entrano nella sala consigliare del Comune, li accolgo con il sorriso e li invito a sedersi.
Lui si toglie il cappello ringraziandomi ed aiuta la moglie a sedersi.
Si accomodano ed io mi presento mentre li osservo.
Lui è un anziano di 90 anni (anche se ne dimostra almeno 10 in meno) che nella vita, oramai, si occupa della moglie che ha a fianco. Lei è magrolina, pallida con i capelli a caschetto bianchi e lucidi.
E' lui a presentare entrambi perchè lei non parla, o parla poco.

Non voglio arrivare subito al punto, devo prima capire che sono a loro agio e lo capisco dal momento che lui poggia la schiena contro la sedia.
Dopo qualche minuto di conversazione leggera chiedo qual è il motivo che li ha portati da me.
La loro richiesta non è subito chiara, lui rialza la schiena ed apre una cartelletta in pelle usurata ed estrae diversi fogli di visite mediche.

"Non è che ci capisco molto, guardi lei".

- Decadimento cognitivo, malattia di Alzheimer, diabete .... -

Quei fogli parlano di lei.
Chiedo, ad entrambi, se sono da soli, dove vivono, come si spostano, come sono le loro giornate.

Hanno un figlio di 40 anni che ha perso lavoro, ma che non si occupa molto di loro: "sa non gliel'abbiamo mai chiesto..."

Chiedo ancora cosa pensano di aver bisogno.
Lui sorride, lei mi osserva e lui mi dice:"non è che c'è da firmare eh!!"
"Nulla da firmare, cerco di capire come possiamo aiutarvi e così facendo presento anche i miei colleghi ed il servizio".

Lui è interessato e curioso, termino il colloquio fissando una visita domiciliare.
Lui ritira tutti i fogli nella sua cartelletta e mentre la chiude mi chiede scusa.

Scusa!?!

"Perchè mi chiede scusa, io la trovo così bella, mi sono sempre piaciute le cose in pelle!"
"Perchè è vecchia, questa borsa ha 50 anni, me la sono fatta da solo! Lavoravo la pelle, io facevo le selle per i cavalli e quando me lo chiedevano facevo anche le borse. Una per me". Anche mia moglie è un'artigiana, ha perso quasi tutta la vista cucendo, ma cosa si poteva fare ai nostri tempi??"

Adoro questi racconti, adoro la delicatezza di quelle mani e quegli sguardi.
Un'educazione di tempi andati e che, chissà, se qualcosa ci hanno lasciato.

Concludo la storia con la visita a casa loro.
Ci accolgono in un giorno di primavera, soleggiato e con cielo terso.

"Abbiamo messo il nostro vestito migliore solo per lei! Quello che ha indosso mia moglie lo ha cucito lei anni fa, quando ancora ci vedeva!"

Ditemi quanto valore ha tutto questo?

Chiara

3 commenti:

  1. io sono una cinica di m..., ma non so come tu faccia a non commuoverti di fronte a una cosa così. io lo sto facendo solo mentre la racconti.
    Però allo stesso tempo trovo assurdo che l'educazione e la dignità delle persone siano delle eccezioni da raccontare. Vorrei che fossimo di nuovo tutti ancora così. Bellissimo, Chiara

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  2. quello che si sente dire è che spesso il tempo non c'è, e molte volte non è una frase fatta. ma al tempo stesso ci sono delle circostanze che ci permettono di scegliere se avere o meno il tempo.

    uno degli insegnamenti più importanti che il nostro lavoro ci dà quotidianamente e che ogni uomo è speciale, e la dimensione del confronto nel mettere a proprio agio l'interlocutore è la base attraverso la quale sviluppare poi la relazione di aiuto.

    Imparando anche qualcosa, formazione continua.

    questi episodi in fondo non sono poi eccezioni anche se spesso ci restano nella mente maggiormente i fatti negativi. continua a lavorare come sai (e ad essere come sei): fare questa professione senza indossare maschere e senza dare risposte "preconfezionate" non è per niente facile ma è la conditio sine qua non per svolgere al meglio il nostro mandato.

    Bisby (Federico)

    6 luglio 2015 07:44

    Dimostra di non essere un robot

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  3. Per me ha un valore enorme perché emerge chiaramente che nel nostro lavoro se si vuole realmente mettersi in' gioco'per il bene delle persone lo si può fare nonostante le difficoltà'che possono esserci.

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