...che poi io rifletto, penso, mi danno l'anima, mi cruccio, rido e sorrido, a volte mi do per sconfitta ed altre, invece, mi sento sulla rotta precisa con vento a favore.
Spesso mi interrogo sul perchè di determinate scelte, mi rispondo perchè è giusto che io mi dia una risposta e non fugga da me stessa.
Quando invece non mi faccio domande le risposte mi cadono fra le mani e trovano un giaciglio sicuro.
Le risposte sono tante:
"Se salgo sulla sedia posso raggiungere la tua altitezza!" (un bambino durante una meravigliosa estate)
"Chiara, ti prego non mi dire che sei rimasta senza lavoro, hai fatto così tanto per noi, adesso noi che cosa facciamo per te?" (pochi giorni fa, fuori da un supermercato due ragazzi del CPPA di Biella)
"Potresti lasciarmi il tuo numero di telefono perchè anche solo sentire una voce mi tranquillizza" (la signora anziana che seguo da qualche tempo)
"Chiara, ma secondo te, io sarò mai normale??" (domanda che mi fece un ragazzo con disabilità a seguito di un piccolo incidente durante la preparazione di un panino)
"Perchè qui dentro si vive di merda, ma siamo qui e non dobbiamo mangiare solo la torta, ma guardare anche la ciliegina e ci dobbiamo impegnare!" (Un ragazzo tossicodipendente durante una riunione ospiti-operatori)
"Chiara di giorno e Chiara di notte!" ("Non fa una piega!" un ragazzo in comunità psichiatrica).
"Leggo il tuo blog, ed anche se sono solo a metà tirocinio e vorrei mollare, punto alla meta!" (una studente universitaria durante il suo tirocinio)
E tante altre risposte, che, quasi ogni giorno mi ricordano il "perchè" della mia scelta e del mio credere in quella scelta.
Mi sono illusa, ho idealizzato, sono caduta ed ho elaborato l'illusione e la delusione, ma sempre qui, sempre sul pezzo, perchè perdere di vista i nostri obiettivi e non credere più nelle nostre scelte....è come fare autogoal!
Mi ritrovo a chiedermi se questa sia la mia strada; proprio ora, esame di stato superato, curriculum che naviga, idee sempre meno chiare. Ho molta paura. Scoprire cosa sia questa professione mi attira e mi terrorizza.
RispondiEliminaLeggere questa pagina, tuttavia, sembra risvegliare in me quella passione che spesso ho sentito in questi anni.
Buon lavoro
Tieni duro e non perdere la speranza. So benissimo quanto sia difficile, non mi vergogno a dire che a volte ho anche pianto, oppure fatto una testa quanto una capanna ad amici perchè credevo di aver sbagliato tutto.
RispondiEliminaInvece no, basta guardarsi dentro e capire / capirsi e vedrai che quella lucina che ti ha spinto ad intraprendere la nostra professione ancora brilla.
ciao Chiara, mi ritrovo molto in quello che dici. Io, dopo tredici anni, ancora non mi capacito dello scarto abissale che c'è fra il lavoro sociale appreso nella nostra formazione universitaria e il mondo reale dei servizi sociali. A volte tutto sembra congiurare per demotivarti, ma sul più bello che manderesti tutto in malora arriva quel feedback da parte di un utente che ti fa dire che sì, fosse anche solo per quel piccolo cambiamento, quel piccolo successo, piccolo ma significativo, vale comunque la pena di impegnarsi in questa professione.. e la motivazione torna più forte che mai, sempre rinnovata. Monica F.
RispondiEliminaGrazie Monica per esser passata di qui ed aver lasciato un tuo pensiero.
RispondiEliminaMagari è solo questione di pochi secondi, ma quei secondi cambiano la prospettiva grigia in cui "sei" immersa e come scrivi tu, rinnovano l'energia e la motivazione.
Vorrei darvi non un consiglio, ma un suggerimento, uan ispirazione, insomma non prendetela come "predica" ma come esperienza, da un'assistente sociale che ha svolto questo arduo lavoro per 12 anni e che adesso sta cambiando strada, anche se... sempre nello stesso ambito (psicologia). Cercate di fare un lavoro personale di psicoterapia. Secondo me, é imprescindibile per chi lavora con gli altri. Tutti noi abbiamo vissuti, magari non abbiamo problemi, patologie ma abbiamo tutti esperienze piú o meno negative, piú o meno forti (e se poi abbiamo per caso davvero problemi, allora...). Questi vissuti li proiettiamo sulla persona che ci arriva per essere aiutata, sostenuta, fare un percorso. La laurea (nessuna laurea) dá quella parte vivenziale e introspettiva che, se non per essere piú efficaci (che anche), é imprescindibile per tenersi su, per essere auto-efficaci, per volere bene a noi stessi. Insomma, se non ci curiamo di noi stessi, come facciamo a farlo con gli altri? So bene che il leit motiv é: i soldi, per altri sará il tempo che manca... Queste sono state anche le mie difese per anni... eppure ci sono strade possibili che possono essere cercate. Io vi dico, ho cominciato ora questo cammino e penso, se lo avessi intrapreso 10 anni fa, quanto sarebbe stato piú lieve il percorso come assistente sociale. "Tenere duro" é ammirevole e io l'ho fatto per 12 anni e anche "bene", nel senso che sono rimasta piú o meno sana, tuttavia non basta, perché ti puó distruggere emotivamente. Questo fatto io l'ho sofferto: colleghi anziani che ti facevano capire che se non "tenevi duro" non eri adatto per questo lavoro. No, non é cosí. Per stare bene bisogna anche piangere, elaborare il lutto di una perdita (per me lo é stato scoprire che il lavoro reale non coincideva con quello che avevo sognato), e questo si puó fare con una persona presente, attenta, capace che ci guida, che é lí, ferma, efficace. Non basta farlo con i buoni propositi, con le letture, con il pensiero positivo e le buone intenzioni. Questo lavoro é duro e difficile, arricchisce molto e dá grandi opportunitá di crescita personale ma bisogna approcciarlo corazzati emotivamente. Anche perché, le piccole o grandi ferite arrivano prima o poi per tutti e non possiamo sapere se avremo sufficienti strumenti per superarle (bene). Non prendete queste mie parole come uno scoraggiamento, anzi, é un invito a cercare una strada che, vi assicuro, porta allo star bene, meglio, con se stessi e con gli altri, come professionista ma anche come persona!
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