mercoledì 16 ottobre 2024

Tutto chiede bellezza (semi Cit.)

 Sono giorni tremendamente difficili.

Ho una nostalgia galoppante che, a volte, è in grado di lasciarmi senza fiato e tremante.
Ho alcuni sensi di colpa che arrivano a fare capolino e mi tritano l'anima.
Ho un appiattimento che non so descrivere, che mi disarma, che mi spegne e che mi contagia.

Però...

Però...Però "qualcosa" sopravvive, resiste e quando riesce lancia urli sonori, impossibili da ignorare.

Ho cercato di capire cosa fosse. Ho chiuso gli occhi e "respirato lungo", "calma, Chiara, calma".

E' un amore, è l'amore verso la mia Professione, alla quale devo e dovrò tanto.

"Dimmi Biraghi, cos'è la bellezza per te?" - domanda a bruciapelo!!

Si ricollega a quell'amore, a quella profonda dedizione e riconoscenza che ho verso i libri che mi circondano (e che piano piano stanno aumentando...LM), che ho verso i tanti colleghi che hanno incrociato la mia via e mi hanno permesso di essere chi sono oggi, che ho verso le storie di vita che ho avuto la fortuna di poter toccare con mano e dover sorreggere per poterle accompagnare.

Cos'è la bellezza, allora?

Oggi, dopo questi giorni, oramai mesi dolorosi e faticosi, posso dire che la bellezza è "quella cosa mi fa star bene, talvolta effimera, talvolta concreta. E' il mio percorso, non terminato, ma appena iniziato. E' il mio lavoro ed è quell'energia che l'amore prova a spingere. E' una relazione scritta bene, è leggere "la tua assistente sociale" da una collega in una mail a una mamma, è il crederci ancora ed è il supporto che ricevo senza chiederlo. Perché la bellezza sta proprio lì, in quello che arriva senza chiedere, forse perché in precedenza si è dato senza che ci fosse chiesto. E' la reciprocità".

Guardo qualche appunto, un video ripreso in Senato, i nuovi tre libri da studiare, le bozze di progetto e gli occhi di chi incrocio ogni giorno e respiro di nuovo lungo. 

Non so se ho imparato qualcosa da chi mi ha regalato tanto credendo in me, so che cosa ho promesso  "bellezza" e non "appiattimento".

Chiara


Immagine creata con IA



domenica 23 giugno 2024

Guardare indietro per ricordare, guardare avanti per costruire

"Ciao Ombre!"

"Ciao bella!"

Che fortuna ho avuto: poter alzare il telefono ogni volta io avessi bisogno, desiderio o necessità e avere te dall'altra parte.
Nella mia casella di posta elettronica conservo ancora mail che risalgono a più di 10 anni fa, sono di ASit, ma non solo.  Una di queste è proprio una mia mail: "Oddio sono emozionata!! La prima cosa che ho pensato è stata: giro la mail ad Ombretta!!".

Sta tutto qui: tu c'eri, ci sei sempre stata, in ogni momento bello o brutto dei miei giorni. 

E ci sei.

L'ho detto a tutti, sono circondata da ciò che sei stata per tanti di noi, assistenti sociali e non solo. 

Ho tuoi scritti, sapiente guida.

Ho i tuoi libri, saggi consigli.

Ho alcuni tuoi oggetti, dai più semplici, come scatole, a quelli più significativi come il quadro dell'om ॐ 

Tramite un'amica mi avevi fatto arrivare il messaggio "non piangere". Non riesco e non so per quanto ancora non riuscirò a dare seguito, ma sappi che, giorno dopo giorno, sto cercando di centrarmi. 

Ci provo al mattino quando non ho nessuna intenzione di arrendermi a quello che vedo e ricordo le tue parole: "calma!";
ci provo la sera quando potrei alzare il telefono e attaccare uno dei miei "pipponi" e ricordo le tue parole: "smettila di farti seghe mentali";
ci provo quando scopro qualcosa e non ti scrivo, ma ricordo le tue parole: "hai capito come?".

Chissà se ho davvero capito, ma quello che so per certo è che un grande debito nei tuoi confronti e non posso nasconderlo sotto il tappetto, posso solo cercare di sdebitarmi portando avanti quello che stavamo facendo, quello che mi hai chiesto di fare e quello che volevi che io facessi.

Ho iniziato, eh! 

Questo piccolo blog è merito tuo, tanti dei miei successi sono merito tuo, la professione che amo (e che tanti di noi amano, anche grazie a te) ti deve tanto.
Proverò a crescere e a spiegare le ali, come mi avevi qualche tempo fa. Era il momento.
Io, non lo nascondo, ho paura, ma ci sto lavorando su. 

Dunque, Ombre, grazie sempre per avermi accompagnato per tanti anni, con pazienza, con fermezza, con entusiasmo e, soprattutto, con attenzione a chi ero e a chi, piano piano, stavo diventando. Oggi ho messo a posto mezza casa per riuscire a fare spazio nella mente, per nuovamente centrarmi e per tornare a scrivere, non solo qui.


"In queste scarpe

E su questa terra che dondola

Dondola dondola dondola

Con il conforto di

Un cielo che resta lì

Mi sto facendo un pò di posto

E che mi aspetto chi lo sa

Che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà

Ho messo via un bel pò di cose

Ma non mi spiego mai il perché

Io non riesca a metter via

Riesca a metter via

Riesca a metter via te"



sabato 18 maggio 2024

Come un elefante in una cristalleria...

Ho avuto l'occasione, in questi giorni, di riflettere sul silenzio.

Il Che diceva: "il silenzio è una discussione portata avanti con altri mezzi”.

K. Gibran ha scritto: “la realtà dell'altro non è in ciò che ti rivela ma in ciò che non può rivelarti. Perciò, se vuoi capirlo, non ascoltare le parole che dice, ma quelle che non dice”.

Ed è da queste due riflessioni che voglio partire, o meglio sono partita.

Mi sono trovata, sovente, a non parlare, a stare in silenzio. A osservare. A guardarmi attorno. A cercare di capire cosa stava accadendo e se valesse la pena aprire bocca e rompere, così, il silenzio, oppure no.
In quelle situazioni è anche accaduto che venissi anche "accusata" di non avere spina dorsale perché non in grado di "tenere testa".
In altre, invece, ho visto rompere il silenzio con così tanta indelicatezza che mi sono sentita in colpa per chi, senza filtri, ha deciso di far rumore. 

Sì, rumore. Caos. 

Sono giunta, quindi, alla conclusione che il silenzio fa paura, spaventa, può creare timore. Come quei mostri dei film di fantascienza, informi, che aspettano dietro la porta. 

Il silenzio, invece, è così prezioso. E' così puro.

Nel silenzio è possibile osservare, creare una connessione, lasciare spazio e dare, così, rispetto a se stessi, oppure all'altro. 

Il silenzio non sempre è difesa.
Il silenzio non sempre è chiusura.
Il silenzio non sempre è dolore.
Il silenzio non sempre è solitudine.

Con il silenzio non sempre stiamo dicendo di non voler parlare o di non essere in grado di farlo. Il silenzio è una forma di comunicazione così potente e così multi sfaccettata che non si può non essere capaci di maneggiarlo. Come ha detto F. Caramagna: "le parole si parlano, i silenzi si toccano". E se i silenzi si toccano, allora, dobbiamo fare attenzione a non romperli, ma a saperli tenere in mano con grazia e delicatezza.

Restituire il senso.

C'è un tempo per tutto! Lo sentiamo dire così tanto che dovremmo averlo imparato, invece, temo proprio che non sia così.
Spingiamo a parlare. Chiediamo che siano date spiegazioni. Interrompiamo mentre l'altro parla, oppure riflette, scrive o...sta in silenzio.

C'è tempo per la parola e c'è tempo per il silenzio. 
Abbiamo bisogno di entrambi, come del giorno e della notte. 

Riuscire ad abitare il silenzio non è cosa da poco, ci vuole allenamento, è faticoso e talvolta vien voglia di arrendersi e avere rumore attorno a sé. Perché il rumore riempie, il silenzio invece sembra svuotare le ore, i minuti che passano. 
Il ticchettio dell'orologio, per esempio, per me è fastidioso.

Chiudo, rubando ancora le parole, forse per mettere in ordine, o forse confondere:

"Vivo un eterno paradosso
Un introverso fermo e con i fari addosso
E non affondo
Ora so nuotare a dorso
Lascio l'abisso alle mie spalle
Vago nel panta rei"


Silenzio - Immagine creata con IA




domenica 25 febbraio 2024

"Non è vero ragazzo che la ragione sta sempre col più forte" R. Vecchioni - Sogna ragazzo sogna

“I giovani non hanno bisogno di sermoni,
i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo.”
S. Pertini - Discorso fine anno 1978


In questi giorni, sarà per coincidenza, sarà di no, mi confronto sovente con persone, le più diverse, sullo stesso argomento: i giovani e il domani. I figli e il futuro.

Sento frasi del tipo: "No, ma io non posso pensare di mettere al mondo un figlio che cosa gli offro?", "che mondo lasciamo a 'sti ragazzi?", "i giovani e i bambini in carico oggi ai servizi sociali saranno gli adulti di domani, che ne sarà?", "non c'è futuro!", "non c'è speranza" e... potrei andare avanti ancora.

Quello che mi ha profondamento colpita, però, è il racconto di una mamma che mi ha raccontato di quanto suo figlio ha subito a scuola e delle dichiarazioni che ha fatto dopo il bullismo e le cattiverie gratuite ricevute. Il desiderio di farla finita.
Questo post, però, non è legato al bullismo, è legato a quanto i bambini, i ragazzi e i giovani di oggi, futuri adulti di domani, abbiano bisogno. Ossia di essere cresciuti, accompagnati, indirizzati, sostenuti, ascoltati, riconosciuti e compresi.

Da tutti.
Da tutte le istituzioni.
Da ogni adulto.

Le immagini di Pisa, aberranti, cariche di cattiverie e oscurità, sono la chiara dimostrazione di come il forte desiderio di essere, di esprimersi e di voler essere riconosciuti e ascoltati venga, letteralmente, oppresso. 

Un uomo armato di manganello contro un uomo disarmato.
Studenti con in mano una bandiera contro agenti di polizia armati di manganello

A cosa serve tutto questo?
A cosa serve reprimere un corteo di giovani e studenti con delle armi?
Che cosa abbiamo insegnato e che messaggio è passato?

Paura. 
Violenza.
Repressione.

E' di questo che abbiamo bisogno?

Abbiamo bisogno di teste pensanti che hanno il diritto a esprimere un pensiero senza dover temere di finire in ospedale!

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato: «L’autorevolezza non si misura sui manganelli. Usare i manganelli con i ragazzi «è un fallimento». Ecco più cristallino di così! 
Sono necessari esempi e sono necessarie figure autorevoli che, però, non incutano timore, ma fiducia. Questo concetto è ben espresso dalla mamma di Federico Aldrovandi a "Muschio Selvaggio" quando, con commozione ed evidente dolore, si rimprovera per non aver messo in guardia il figlio: «Dovevamo insegnargli che si deve avere paura della polizia». In questa forte provocazione, o presa d'atto di quello che è accaduto, il concetto è ancora più forte. E' davvero questo quello che dobbiamo spiegare ai nostri figli e ai giovani che si affacciano a vivere la vita?

Cosa possiamo insegnare ai nostri figli?

Cosa lasciamo ai giovani?

Che esempio possiamo essere per loro?

Interroghiamoci, con un forte senso di responsabilità, su quanto è accaduto.

Concludo con le parole che esprimono lo sconcerto del Rettore dell'Università di Pisa, Riccardo Zucchi che potete leggere qui


Chiara


Immagine creata con IA




venerdì 26 gennaio 2024

I colori del "kàmptein" - dal rosso al verde "I must be on my way"

"All things must pass

none of life’s strings can last

so, I must be on my way

and face another day "

G. Harrison - 1970

Non scrivo da tempo, ma è da tanto tempo che penso di farlo. 
Vero! Non l'ho fatto e lo faccio solo adesso, ma è così che è andata. 

Scrivo perché sono accadute così tante cose e ho bisogno di trovare, fra di loro, un filo rosso comune.
C'è, eccome se c'è. 
L'ho trovato.

E' un filo rosso che nasce Carminio, prosegue Valentino e poi Scarlatto

E' un filo bagnato di lacrime, lacrime copiose e dolorose.

E' un filo coccolato da abbracci e baci intensi.

E' un filo a tratti spezzato e in quei tratti il rosso è Mogano; si è spezzato perché, forse, il coraggio è venuto meno, o forse, perché quel coraggio ha avuto la forza di curvare, spezzare, di tranciare e lasciar andare. 

E' un filo forte, sicuro alla base, sulla quale cammino e mi riconosco. E' rosso Cremisi.

Questo filo che accomuna è il mio cambiamento

Cambiamento...una parola che noi assistenti sociali sentiamo fin dai primi giorni della nostra formazione.
Temo, però, che non ci soffermiamo abbastanza a riflettere sul suo significato e non lo svisceriamo, o ancora non ne facciamo esperienza.

Avete mai provato a lasciare la vostra zona sicura, quella chiamata comfort zone
No, non intendo cambiare strada per andare a lavorare, oppure modificare l'orario di sveglia mattutina per fare due esercizi perché, bè, il nostro personal trainer tik-toker così ci dice di fare.

Uscire dai confini della zona sicura significa perdere l'equilibrio e vedere quel Carminio intorno a sé, bè diamine se fa paura!!
Lì nascono domande, domande profonde ed esistenziali. 
Lì nasce anche, in parte, un senso di colpa.

Da quel barcollare, allora, è importante trovare un orizzonte, avere attorno chi quell'orizzonte lo rende chiaro e nitido e non è sempre così scontato.

Noi abbiamo risorse, abbiamo amici, parenti, conoscenti e anche "nemici" che ci aiutano a delineare l'obiettivo, ma tutti sono così fortunati?
Le persone che accompagniamo sono così attrezzate? Oppure sono sole, mal consigliate, impaurite e quella comfort zone resta quello che loro conoscono e non vogliono assolutamente sentire parlare di "cambiamento"?
Chi siamo noi per dire loro di uscire da quella comfort zone?

La zona sicura non deve per forza essere modificata del tutto, a volte va collocata altrove, o solo rimessa in carreggiata, ed ecco che noi possiamo essere davvero buoni accompagnatori e lo saremo ancora di più se facciamo esperienza di quel barcollare.

Ho perso l'equilibrio, le parole (come canta il mio buon vecchio Liga) e qualche certezza quotidiana, ma sono avvolta da Cremisi.

Il complementare del "rosso" è il "verde" che è il mio colore preferito. Quell'orizzonte è verde Smeraldo ed è là che devo tendere.

Chiara
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lunedì 11 settembre 2023

E' il caos - RdC sospeso e le sfide quotidiane. Il sistema reggerà?

"Tu non capisci!"
"Lei non capisce!!"

Pochissimi attimi di pausa e il tono di voce si alza: "ma io come faccio????" 

Il tono della voce non si abbassa, la frustrazione ha il sopravvento su quella che chiamiamo "ragione".

"Come le pago io le bollette??" "Sì, ma io l'affitto come lo pago??" "Facile parlare con la pancia piena!!!"

Un respiro e forse neanche troppo velato, si prova a spiegare, a fare un po' di chiarezza su quel sistema del quale noi, sovente, diamo per scontati meccanismi e pensieri alla base. "Ma se io devo andare lì a fare il corso e non ho il reddito, come lo pago il biglietto??"

Difficile mantenere la calma quando le domande sono incalzanti, quando la rabbia è palpabile e i toni sono accesi, quando non uno, non due, ma tre o quattro persone nella stessa giornata riversano addosso a te, perché siamo noi "in prima linea", siamo noi ad accogliere e siamo noi a guardare negli occhi e siamo noi a dover gestire e contenere, sentimenti - legittimi - di collera e dispiacere.

Quel sistema non è chiaro nonostante le semplificazioni che si prova a fare.

"Io sono venuto qua e ho parlato con G.!!" "mi hanno detto di venire qui e lei non sa dirmi altro che aspettare!!!" "con l'INPS ho già parlato non serve a niente!".

Quel sistema, fra piccoli e devastanti messaggi, fra circolari e regole vecchie e nuove, forse, non è così chiaro neanche a noi, però, proprio perché ne siamo parte, possiamo trovare la strada e renderla accessibile a chi fatica a percorrerla.

Una volta trovata la strada, però, resta la quotidianità da affrontare.

Il cibo, le bollette, il riscaldamento, i figli, l'affitto...come possiamo riassumere tutto ciò? (e l'elenco è davvero ridotto)

Diritti, necessità, bisogni o ancora dignità.

Quel sistema così intricato ha tenuto e terrà in considerazione la dignità di tutte quelle persone e quelle che verranno ?

Quel sistema ha chiaro che non è sufficiente scrivere nero su bianco un "piano", ma prima di scriverlo è fondamentale ragionarlo, pensarlo, verificare le possibili risorse in campo e da attivare?

Quel sistema ha presente di come sia difficile placare le comprensibili ansie, paure e incertezze senza avere risposte chiare, strutturali e strutturate?

I discorsi da spiaggia, in questi giorni di ferie, hanno saturato le mie orecchie. Il Reddito di Cittadinanza è gettonato sotto l'ombrellone. Si sprecano gli "andassero a lavorare!", "c'è chi ne ha approfittato", "erano soldi gratis". 

Noi Assistenti Sociali, però, ogni giorno siamo nei nostri servizi a capire come tenere insieme le reti che abbiamo costruito e quali possiamo creare per sostenere ogni singola parte di "quel sistema" fatto, non solo di "RdC sospeso", ma di diritti esigibili, bisogni concreti, progetti condivisi e risposte sostenibili.

Chiudo con questo utilissimo video per capire qualcosina in più sullo stato attuale

Chiara 


Logo RdC





lunedì 27 febbraio 2023

Se ripenso da dove siam partite...I will not give up

Eccomi!
Ho di nuovo le forze, le energie e la voglia di provare a riempire un foglio bianco e la voglia è tornata grazie alla "Sisifo dei giorni miei", ve la ricordate?

Quella fatica, tanta fatica è stata ripagata.

"Chiara, grazie!" mi dice abbracciandomi e piangendo, come una bambina in cerca di un posto sicuro dove stare per qualche minuto.

Ci siamo abbracciate, non ho nascosto le lacrime, ma ho voluto, ed era assolutamente doveroso, riconoscere a lei il suo percorso

Travagliato.

Impervio.

Cattivo.

In salita.

Senza appigli.

Oggi, invece?

"Guardati attorno, noi ci salutiamo, ma guarda, respira la tua casa, i tuoi ragazzi (che sono rientrati), il tuo lavoro e tienilo stretto che te lo sei meritato!!"

Ti ho riconosciuta nelle parole della canzone di Sanremo di Mr. Rain:

"Ci sono ferite che non se ne vanno nemmeno col tempo

Più profonde di quello che sembrano

Guariscono sopra la pelle, ma in fondo ti cambiano dentro

Ho versato così tante lacrime fino ad odiare me stesso"


Ora non tornare indietro, non pensare a quelle lacrime e quella paura, tieni il punto.
Hai imparato tanto, a volte hai insegnato tu a me il lavoro.
Non mi sono vergognata, anzi mi sono sentita fiera, piena. 
Avevo lavorato con serietà, avevo investito tempo, fatica ed energia, ma avevo di fronte una mamma che aveva capito come l'Assistente Sociale si deve muovere, come deve rapportarsi con gli altri Enti e come il tempo, quella risorsa che ci sembra indispensabile, fa assolutamente la differenza.

Ti lascio con un'altra canzone, questa volta di Mannarino:


"Puoi cambiare camicia se ne hai voglia e se hai fiducia puoi cambiare scarpe. 

Se hai scarpe nuove puoi cambiare strada e cambiando strada puoi cambiare idee

 e con le idee puoi cambiare il mondo"


Fonte:https://it.dreamstime.com/



Chiara







sabato 15 gennaio 2022

Fine mandato al Croas Piemonte - pensieri di...questa "cosa strana"

 Il 13 aprile 2014 scrivevo questo post "un mese da Consigliere del Croas Piemonte", siamo al 15 gennaio 2022 e mi trovo a scrivere il post che state leggendo (con una piccola raccolta fotografica alla fine).

Quanto tempo è passato? No, non lo voglio contare. Sono anni, mesi, giorni e ore, ma non mi interessa conoscere il dato preciso, perchè quello che conta è quello che è stato costruito.

Sono entrata in Via Piffetti, a Torino, che non avevo neanche 30 anni, lascio via Fabro completamente trasformata, cresciuta e arricchita.
All'inizio non ero pienamente conscia di quello che voleva dire essere Consigliere di un Ordine Professionale ma, ben presto l'ho compreso!

E' sacrificio, è rendersi disponibile, è studiare, è mettersi in gioco, è restare in ascolto, è osservare, è comprendere, è crescere, è costruire significato, è migliorare l'immagine della Profesisone, è esercitare quel ruolo con responsabilità e senso critico. E' condivisione, è saper vivere un'Istituzione e trarne il meglio. E' fatica, è stanchezza, è fare i conti con i propri limiti e aprire la mente all'ascolto, è prendere decisioni e portarle avanti con sicurezza.

 Tutto questo perchè?

Perchè sono, siamo parte di una Comunità Professionale vivace e dinamica che merita attenzione e cura per crescere sempre più sicura, stabile e autorevole.

Come ho scritto in riposta a un post su Facebook alla nostra past President, oggi (data di fine mandato, di restituzione delle chiavi e di passaggio di consegne) è vero che si conclude un'esperienza, ma forse no! Forse, quell'esperienza, prende una nuova forma. "Nulla si distrugge, tutto si trasforma"e così vedo questa "cosa strana".
Questa cosa che mi ha insegnato tanto, mi ha fatto capire e conoscere davvero il senso profondo, a 360° dell'essere Assistente Sociale

Conservo ricordi belli, di risate, di merende per sopravvivere alle Commissioni presso la sede dell'Ordine, di sabati al Servizio della nostra Comunità e di giornate al pc, negli ultimi anni; porto con me anche momenti meno belli, di scontri anche molto aspri e di lacrime.

Ho incrociato la strada di professionisti e di persone che sicuramente porterò nel cuore, ma non mi metto a osservare, resto partecipe, resto attiva e consapevole che la "casa" degli Assistenti Sociali è sempre aperta.

Non finisce qui l'avventura, prende solo una nuova forma e la posso affrontare con un bagaglio ricco e sostanzioso.

Chiara

 

Mandato 2014 - 2018

Con Paola Vaio

WSWD 2015_1000 persone in teatro

Salotto Deontologico con Simona Passanante e Claudio Pedrelli

Con Barbara Rosina

Con Sara Fabris e AnnaMaria Cane

Mandato 2018 - 2022

A Torino con i Care Leavers















 

mercoledì 5 gennaio 2022

La "mia" Assistente Sociale tutta tatuata

Eh sì!
Qui e là, anche io, qualche tatuaggio ce l'ho.

Alcuni hanno un significato, altri sono proprio un "ornamento" che avevo piacere di avere sulla mia pelle.
Durante le stagioni fredde non si vedono, ne ho in totale 7, e forse solo 1 è visibile durante l'inverno.
In estate, invece, vedono la luce e chi ha tempo da perdere può dilettarsi nell'immaginare il motivo di quel disegno o di quell'altro.

Oggi vi racconto la storia di questo "tatuaggio"

Estate.
Decreto del Tribunale per i Minorenni: inserimento in comunità.
La mia collega Educatrice e io iniziamo la ricerca, viaggi per conoscere, pensieri e lughe giornate, seppur poche, per organizzare l'inserimento cercando di ridurre al minimo il trauma, è doveroso impengarsi in questo.

Del giorno dell'inserimento ricordo un viaggio in macchina tranquillo, qualche domanda più o meno difficile dell'ultimo minuto, ma come spesso accade i bambini ci stupiscono sempre e affrontano le situazioni, anche le più difficili, come risorse che noi "grandi" non abbiamo più.

Giunti a destinazione, salutiamo tutti, disfiamo i bagagli, qualche foglio da compilare e poi la merenda; noi operatrici in una stanza, mentre i bambini erano in cucina con l'educatrice.
Poco prima di lasciare la comunità e darsi appuntamento dopo circa un mesetto, quel bambino mi chiama in cucina, dove aveva lasciato il suo zaino.
Armeggia un pò e poco dopo mi mostra il foglio con i suoi trasferelli. Decide che io non posso andare via senza avere un nuovo tatuaggio! Fatto da lui in persona.

Un poco di acqua, una lieve pressione ed eccolo lì il mio nuovo tatuaggio.

Che significa? Che cosa ha significato per lui? Quello sì che è indelebile e nel mio cuore e ancora oggi, se ci penso, un pò senza fiato mi ci lascia...

"abbiamo camminato insieme"

8 anni.
Solo 8 anni e mi ha completamente disarmata.

Stiamo ancora camminando insieme, a volte facciamo passi avanti, altri un pò più sfocati (come quello in foto), altri indietro e soffriamo.


Oggi, però, abbiamo un cartellone con tutti i passi fatti insieme, con le persone che abbiamo incontrato nei luoghi in cui ha abitato. 

Abbiamo ancora un pò di strada da percorrere, con la consapevolezza che il cammino sarà duro e difficile, ma che aiuterà, entrambi a crescere.

#diamoglifuturo



giovedì 19 agosto 2021

"Anche una piccola esperienza di altruismo procura immediatamente un po' di pace mentale" — Dalai Lama

Chi mi conosce, anche solo quel poco,  sa che una delle mie più grandi paure è quella della "morte".
Non entro nel merito del motivo (non ora), sicuramente è una cosa su cui dovrò lavorare ancora per un del po' di tempo.

Con il lavoro che faccio, più volte, mi sono scontrata con la morte, più o meno indirettamente. 
Un incontro / scontro.
Da qualche tempo, però, capitava sempre più di rado.

"Pronto"
"Sono la signora XX come posso fare, ho bisogno di una badante, mio marito è ricoverato, non mi bastano i soldi"

- Agitazione - paura - smarrimento - 

"Signora, una cosa per volta..."

E' iniziato, da lì, un "legame telefonico" che ha unito due sconosciute,  che ha portato all'una e all'altra un luccichio, un conforto astratto, fatto di voce, sospiri e qualche silenzio.

"Signora XX la prossima settimana, forse, non mi troverà, lascio scritto quanto ci siamo dette e a che punto siamo arrivate, troverà i miei colleghi"
"Perchè non la trovo, Chiara?"
"Operano la mia mamma, ma non si preoccupi, è tutto sul quaderno e i colleghi sapranno proseguire, al mio rientro mi aggiorneranno e andremo avanti"
"Va bene, Chiara farò così. Un in bocca al lupo alla mamma!"
"Viva il lupo e mi raccomando, si ricordi: un passo alla volta e ci aggiorni!"

- Stanchezza - tristezza - abbandono e solitudine -

"Pronto"
"Signora sono Chiara, la chiamo per farle le mie condoglianze"
"Chiara, oh grazie. Grazie, Chiara. Sto male, sto proprio male. E' andato. Avvisi però tutti che io non voglio prendere i soldi che non mi spettano, avvisi tutti!"
"Non si preoccupi, ho avvisato chi dovevo, ma ora lei si prenda il tempo che serve e qualsiasi cosa, ci chiami!"
"Chiara, ma quindi se passano quindici giorni l'INPS non mi fa nulla, sentirò il CAF con calma, adesso non ce la faccio!"
"Con calma, esatto. Si prenda il tempo che serve e si ricordi che al CAF possiamo andare insieme"
"Senta Chiara, ma la sua mamma come sta?"

Ecco il luccichio, ecco quel conforto astratto.
Ho sentito un respiro profondo e la voce meno rotta dal dolore profondo.

"Mamma sta bene, grazie di questo gentile pensiero!"
"Chiara, cosa vuol fare?"
"Signora XX, qualsiasi cosa siamo qui, ci chiami. Si prenda il tempo che le serve. Respiri e suo marito sarà nel cuore"
"Chiara grazie"
"Signora XX, grazie a lei"

Ora: la signora XX non ha neanche idea che faccia io abbia, perché ha sfruttato solo il canale dello sportello telefonico, ha trovato, però, in questa estranea, un luogo dove lasciar andare paura e fatiche, preoccupazioni e pensieri pesanti.
Ha trovato continuità, ha trovato una certezza, la sicurezza di risposta e di ascolto.

Per me è questo il significato di accoglienza, questo per me significa esserci nonostante la distanza. Il Covid-19 mi ha fatto fare tanto esercizio per comprendere cosa vuol dire essere un Servizio "aperto, ma chiuso"; essere una presenza "solo" verbale.

....

In ospedale, mentre attendevo di capire cosa sarebbe accaduto a mia mamma, un signore mi ha guardato da sotto gli occhiali e mi ha detto: "qui hanno tutti paura di morire, ma è la nostra cultura sà! Si vive per andare incontro alla morte, è l'unica certezza, bisogna andare incontro alla morte serenamente".
Incontro fortuito, ma che non mi ha lasciata indifferente.

- Serenamente - spero sia così.

Chiara