Ho avuto l'occasione, in questi giorni, di riflettere sul silenzio.
Il Che diceva: "il silenzio è una discussione portata avanti con altri mezzi”.
K. Gibran ha scritto: “la realtà dell'altro non è in ciò che ti rivela ma in ciò che non può rivelarti. Perciò, se vuoi capirlo, non ascoltare le parole che dice, ma quelle che non dice”.
Ed è da queste due riflessioni che voglio partire, o meglio sono partita.
Mi sono trovata, sovente, a non parlare, a stare in silenzio. A osservare. A guardarmi attorno. A cercare di capire cosa stava accadendo e se valesse la pena aprire bocca e rompere, così, il silenzio, oppure no.
In quelle situazioni è anche accaduto che venissi anche "accusata" di non avere spina dorsale perché non in grado di "tenere testa".
In altre, invece, ho visto rompere il silenzio con così tanta indelicatezza che mi sono sentita in colpa per chi, senza filtri, ha deciso di far rumore.
Sì, rumore. Caos.
Sono giunta, quindi, alla conclusione che il silenzio fa paura, spaventa, può creare timore. Come quei mostri dei film di fantascienza, informi, che aspettano dietro la porta.
Il silenzio, invece, è così prezioso. E' così puro.
Nel silenzio è possibile osservare, creare una connessione, lasciare spazio e dare, così, rispetto a se stessi, oppure all'altro.
Il silenzio non sempre è difesa.
Il silenzio non sempre è chiusura.
Il silenzio non sempre è dolore.
Il silenzio non sempre è solitudine.
Con il silenzio non sempre stiamo dicendo di non voler parlare o di non essere in grado di farlo. Il silenzio è una forma di comunicazione così potente e così multi sfaccettata che non si può non essere capaci di maneggiarlo. Come ha detto F. Caramagna: "le parole si parlano, i silenzi si toccano". E se i silenzi si toccano, allora, dobbiamo fare attenzione a non romperli, ma a saperli tenere in mano con grazia e delicatezza.
Restituire il senso.
C'è un tempo per tutto! Lo sentiamo dire così tanto che dovremmo averlo imparato, invece, temo proprio che non sia così.
Spingiamo a parlare. Chiediamo che siano date spiegazioni. Interrompiamo mentre l'altro parla, oppure riflette, scrive o...sta in silenzio.
C'è tempo per la parola e c'è tempo per il silenzio.
Abbiamo bisogno di entrambi, come del giorno e della notte.
Riuscire ad abitare il silenzio non è cosa da poco, ci vuole allenamento, è faticoso e talvolta vien voglia di arrendersi e avere rumore attorno a sé. Perché il rumore riempie, il silenzio invece sembra svuotare le ore, i minuti che passano.
Il ticchettio dell'orologio, per esempio, per me è fastidioso.
Chiudo, rubando ancora le parole, forse per mettere in ordine, o forse confondere:
"Vivo un eterno paradosso
Un introverso fermo e con i fari addosso
E non affondo
Ora so nuotare a dorso
Lascio l'abisso alle mie spalle
Vago nel panta rei"
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Silenzio - Immagine creata con IA |