Ho passato gli ultimi mesi a correre, sotto pressione e di notte dormivo poco.
Sono arrivata al 14 luglio letteralmente "sui gomiti", ero così stanca che non avrei retto neanche un'ora di lavoro in più; il cervello ero saturo, il corpo era accartocciato, gli occhi erano gonfi ed il mal di testa non passava, martellava e martellava.
Ero carica a molla, sapevo di dover andare e la mia molla scattava, però...però sapeva di avere una scadenza il 14 luglio.
Sono partita il 14 luglio alle 23.30 con solo due ore sonno e andava bene così, dovevo solo chiudere tutto alle mie spalle, fuggire e spegnere ogni cosa, compresa la mente.
Ossigeno, iodio, tranquillità e libertà.
Avevo 15 giorni per capire cosa non aveva funzionato negli ultimi mesi, o quanto meno metterlo a fuoco, perchè cosa non stava funzionando lo avevo ben chiaro, ma non sapevo come mettere un freno!
Un'idea! Prima di ogni cosa: "downshifting" che letteralmente significa "scalare la marcia" e così ho fatto. Avevo i pensieri sempre in circolo ma, ho pagato cara la conseguenza di questo rallentare, o meglio dell'aver corso troppo...prima.
Sono stata poco bene, ho sentito calare l'adrenalina ed aumentare la spossatezza, la stanchezza ed il sonno arretrato.
Non è giusto! Non era giusto e, devo imparare e capire che, non sarà giusto!
Il mio lavoro è un di cura, cura intesa come benessere, come autonomia, come cambiamento e come attenzione. La domanda, a questo punto, è: chi si prende cura di chi si prende cura? Domanda sicuramente già sentita e banale, la cui risposta, però, non lo è.
Ho scelto un lavoro interessante, dinamico, delicato, ma che richiede la giusta dose di "comprensione del sè ed i propri limiti", e quanto è troppo è troppo. E' importante riconoscere che è "troppo" e mettere un freno, mettere in atto il downshifting e rallentare.
Nessuno di noi è un super eroe, vorremmo tanto, ma siamo umani, con limiti e risorse e se vengono meno queste ultime e non sappiamo riconoscere i primi, abbiamo certamente fallito. Non possiamo svolgere il nostro lavoro se siamo sull'orlo del burn out, se bruciamo, non siamo come il fuoco che scaldiamo od illuminiamo, ma ci facciamo e facciamo del male.
Sono un operatore sociale, un'assistente sociale, ma sono anche una figlia, una donna, una compagna, un'amica ed una sorella ed il mio vissuto personale non deve inficiare il mio lavoro e quest'ultimo non deve essere "la mia vita", perchè c'è un tempo per...
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