Solitamente siamo così presi dai nostri impegni, dalle nostre faccende, commissioni e dal nostro lavoro che perdiamo dei particolari. Ci sfuggono tasselli salienti, e si sa il tempo è una di quelle risorse non rinnovabili, una volta passato, è andato e non è possibile riavvolgere il nastro e tornare indietro.
Sebbene questo venga anche insegnato sui banchi di scuola, è quando ce ne rendiamo conto direttamente che questo ci fa pensare.
Ho notato, nella mia esperienza, che non sempre rifletto su quanto possa essere duro essere "dall'altra parte", essere l'utente, il paziente, l'ospite.
Ho dovuto sottopormi ad un'operazione chirurgica di recente e sì, in quell'occasione, mi sono trovata "dall'altra parte".
Ero io la paziente, ero io che non "giocavo in casa", ero io in un ambiente a me non conosciuto, ero io circondata da persone che non avevo mai visto, ero io in un letto non mio con pochissimi confort se non un libro e la musica che mi ero portata da casa.
Ero io a dover chiedere aiuto suonando un campanello e testare, sulla mia pelle, quanto sia difficile sopportare un'ora e mezza di attesa dopo che mi era stato detto "arriviamo subito" e sentire il silenzio nel corridoio.
Ero io a dover chiedere di essere accompagnata in bagno perchè non potevo camminare senza che qualcuno mi sorreggesse, ed ero io in bagno osservata da capo a piedi da una perfetta estranea.
Ero io a dover sottostare ad orari non miei per mangiare, per i prelievi, le punture e le varie misurazioni, anche alle 6 e mezzo del mattino quando, la mia vicina di letto dormiva e con poco garbo e molto fracasso è stata svegliata. Io per il dolore non ho chiuso occhio ed ho "sentito" la vita di notte di un reparto ospedaliero.
Sono arrivata a farmi scrupoli se suonare o meno quel campanello perchè uno sguardo od una parola mal data possono farti sentire un peso ed una parte di lavoro in più da svolgere.
Ero io la paziente e l'utente e non vice versa come accade di solito, e come ho sempre pensato, è l'esperienza che insegna più ogni libro di teoria, di qualsiasi precisissimo manuale.
Di certo so cosa sta dietro ad un reparto ospedaliero, una comunità, ad un servizio; so quanto lavoro, quante volte può suonare il telefono, so quante cose sono da pensare e portare a termine prima che arrivi l'ora "X", ma so anche, ed ora ancor di più, quanto sia importante porre al centro del nostro lavoro l'utenza, la persona.
Sì, la persona. Ha un nome ed un cognome spesso dimenticati. Io sono stata presa in giro per un mio piccolo vizio di nome "Charlie", che è la mia coperta di Linus, da persone che dovrebbero pensare solo al tuo benessere e non a cosa ti è sdraiato a fianco, bianco, peloso ed inanimato.
Una persona che soffre e non deve attendere un'ora e mezza prima che l'antidolorifico che ha richiesto e che è scritto in cartella le venga somministrato.
Sono tutti esempi, ritagliati sulla mia esperienza, ma ogni giorno quella persona può essere differente, ma l'attenzione ed il rispetto che merita, no, devono essere sempre gli stessi, proprio perchè dall'altra parte, prima o poi, ci potremo essere noi.
Chiara
Benarrivati sul mio blog. Questo spazio è dedicato alla mia versione del lavoro e del servizio sociale.
Credo che pensare socialmente sia un buon modo per accorgersi del mondo che ci circonda.
mercoledì 30 gennaio 2013
mercoledì 9 gennaio 2013
"Canta che ti passa"
Mi si può dire quello che si vuole, fa male, nuoce gravemente alla salute, fa venire il cancro...puzza. Quello che si vuole ma, nella mia esperienza, spesso la sigaretta è stata una maniera per poter entrare in contatto con le persone.
Grazie ad una sigaretta ho messo pace fra un gruppo di persone che da lì a breve sarebbero arrivati alla mani , ma la sigaretta li ha distratti ed il tutto è rientrato; a volte mi ha permesso di poter instaurare un dialogo "posso confidarti una cosa mentre fumiamo insieme??", altre volte è servita solo a sedersi attorno ad un tavolo, con al centro un posacenere, e stare in silenzio. Sentire esclusivamente la presenza dell'altro e l'odore delle nostre sigarette che si consumavano ad ogni boccata.
Anche sta mattina: "Chiara fumiamo insieme che è da tanto che non stiamo insieme??"
"Ma certo, aspettami fuori che arrivo!"
"Grazie Chiara..." e parte il suo discorso interrotto dall'arrivo di un'altra ragazza: "Chiara arrivo anche io, posso?" "Ma che domande, vieni che ti accendo la sigaretta!"
"Sai Chiara che in questi giorni canto?"
"Sì, e cosa canti?"
"Canto canzoni moderne?!
"Uh moderne, vediamo se le conosco?! Del tipo, cosa canti?"
"La sai quella che fa: «e perchè non mangiiiiiii che adesso non mi vaaaaaa??"
"Sì che la so, ma fa così....«dimmi perchè piangi....»
E il nostro cantare ha coinvolto anche la fumatrice alla mia sinistra! Un trio. E mentre cantiamo prendo l'accendino dalla tasca ed inizio a muoverlo a destra e sinistra, la cantante alla mia destra prosegue la canzone, l'altra ride e mi dice "Ma sei proprio simpatica!"
La canzone termina, con qualche errore nel testo, ma termina .
«Quella sua maglietta finaaaaaaaaaaaaaa» "Uhm penso, moderna sì" e canto «tanto stretta al punto che, mi immaginavo tutto!»
La cantiamo tutta, per la felicità dei vicini che sicuramente avranno sentito l'eco.
E veniamo interrotte da un ragazzone che mi chiede un favore, mi volto verso le due coriste dicendo loro di venire con me, che avremo cantato al caldo.
Mi seguono, aiuto il ragazzone e poi "Chiaraaa!! «Come sai, ma chi faraiiiii per farmi stare qui»
Uhm «come mai, ma chi saraiiii per farmi stare qui....» la correggo cantando.
E si prosegue con le schitarrate (mimate) per "Hanno ucciso l'uomo ragno" ed infine le paroline magiche "Chiara, ma la conosci della della realtà di Ligabue!?"
Mi illumino "tra palco e realtà, no?" e prendo il cellulare, cerco il testo per le mie due compagne di canto e... "abbiamo facce che non conosciamo..."
Si fanno le 11 e 30, ognuno ha i suoi impegni e l'animo più leggero le orecchie, bè un pò meno.
Non ho neanche bisogno di aspettare che arrivi SanRemo, l'ho già vissuto con due cantanti d'eccezione!
Ed avremo stonato, avremo sbagliato qualche parola e, forse, eravamo pure fuori tempo, tutto il resto però era perfetto!
Chiara
Grazie ad una sigaretta ho messo pace fra un gruppo di persone che da lì a breve sarebbero arrivati alla mani , ma la sigaretta li ha distratti ed il tutto è rientrato; a volte mi ha permesso di poter instaurare un dialogo "posso confidarti una cosa mentre fumiamo insieme??", altre volte è servita solo a sedersi attorno ad un tavolo, con al centro un posacenere, e stare in silenzio. Sentire esclusivamente la presenza dell'altro e l'odore delle nostre sigarette che si consumavano ad ogni boccata.
Anche sta mattina: "Chiara fumiamo insieme che è da tanto che non stiamo insieme??"
"Ma certo, aspettami fuori che arrivo!"
"Grazie Chiara..." e parte il suo discorso interrotto dall'arrivo di un'altra ragazza: "Chiara arrivo anche io, posso?" "Ma che domande, vieni che ti accendo la sigaretta!"
"Sai Chiara che in questi giorni canto?"
"Sì, e cosa canti?"
"Canto canzoni moderne?!
"Uh moderne, vediamo se le conosco?! Del tipo, cosa canti?"
"La sai quella che fa: «e perchè non mangiiiiiii che adesso non mi vaaaaaa??"
"Sì che la so, ma fa così....«dimmi perchè piangi....»
E il nostro cantare ha coinvolto anche la fumatrice alla mia sinistra! Un trio. E mentre cantiamo prendo l'accendino dalla tasca ed inizio a muoverlo a destra e sinistra, la cantante alla mia destra prosegue la canzone, l'altra ride e mi dice "Ma sei proprio simpatica!"
La canzone termina, con qualche errore nel testo, ma termina .
«Quella sua maglietta finaaaaaaaaaaaaaa» "Uhm penso, moderna sì" e canto «tanto stretta al punto che, mi immaginavo tutto!»
La cantiamo tutta, per la felicità dei vicini che sicuramente avranno sentito l'eco.
E veniamo interrotte da un ragazzone che mi chiede un favore, mi volto verso le due coriste dicendo loro di venire con me, che avremo cantato al caldo.
Mi seguono, aiuto il ragazzone e poi "Chiaraaa!! «Come sai, ma chi faraiiiii per farmi stare qui»
Uhm «come mai, ma chi saraiiii per farmi stare qui....» la correggo cantando.
E si prosegue con le schitarrate (mimate) per "Hanno ucciso l'uomo ragno" ed infine le paroline magiche "Chiara, ma la conosci della della realtà di Ligabue!?"
Mi illumino "tra palco e realtà, no?" e prendo il cellulare, cerco il testo per le mie due compagne di canto e... "abbiamo facce che non conosciamo..."
Si fanno le 11 e 30, ognuno ha i suoi impegni e l'animo più leggero le orecchie, bè un pò meno.
Non ho neanche bisogno di aspettare che arrivi SanRemo, l'ho già vissuto con due cantanti d'eccezione!
Ed avremo stonato, avremo sbagliato qualche parola e, forse, eravamo pure fuori tempo, tutto il resto però era perfetto!
Chiara
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lunedì 7 gennaio 2013
Le vittime della rete
L'ultimo fatto di cronaca, il suicidio della giovane che si è gettata dal terzo piano del suo palazzo, sta facendo discutere, ed io, non voglio essere da meno. Come faccio sempre, voglio riflettere.
Non è il primo episodio di suicidio, fra i giovanissimi ma, come le precedenti notizie lascia senza parole.
Lascia, però, una scia di domande e di sconcerto.
Io mi chiedo perchè, fra ragazzi, debba esserci una "guerra" simile?
Mi domando perchè viene sfruttata la rete in questa maniera subdola quanto potente?
Mi chiedo, ancora, perchè arrivare a gesti così estremi? E perchè non chiedere aiuto prima?
E forse, questi ragazzi, avranno anche chiesto aiuto ma, sono stati ascoltati?
Ho letto che la ragazza che si è buttata dal balcone aveva cambiato scuola e compagnia di amici ma, è corretto? O è solo una fuga dal problema? E perchè non agire sul problema in maniera adeguata?
Altri ragazzi, hanno scelto di togliersi la vita perchè scherniti dagli "amici" e compagni, sia via web sia direttamente ma, cosa fare? Come agire?
Il ragazzo americano, che non ha sopportato le vessazioni che subiva, ha deciso di non vivere più la sua vita perchè era alla ricerca della sua identità e quindi si metteva lo smalto e vestiva con colori sgargianti. Lo consideravano "gay" e questa è stata una "buona" motivazione per darla vinta alle prese in giro e rinunciare a se stesso.
Questi ragazzi mancano di forza?
Mancano di coraggio?
I "bulli" peccano di presunzione ed onnipotenza?
E la società di fronte a questi accadimenti cosa fa? E cosa può fare?
I messaggi che vengono passati dai media, dagli educatori, dai genitori, dagli insegnanti quali sono? A cosa mirano?
Cosa andrebbe rivisto? Su cosa si deve lavorare affinchè ognuno possa vedersi garantito il diritto di libertà di espressione, compreso quello dell'essere?
Sono troppi gli episodi di razzismo e di omofobia e non sono più tollerabili nel 2013, quando uomini e donne hanno lottato per vedersi garantiti diritti ed uguaglianza.
Dall'insulto al giocatore di una squadra di calcio fino ad arrivare alle prese in giro del compagno di classe che segue stesso.
I valori della tolleranza e del rispetto andrebbero rivisti, ripresi e diffusi.
Non ci si può togliere la vita a 14 anni e non si può soprassedere.
Chiara
Non è il primo episodio di suicidio, fra i giovanissimi ma, come le precedenti notizie lascia senza parole.
Lascia, però, una scia di domande e di sconcerto.
Io mi chiedo perchè, fra ragazzi, debba esserci una "guerra" simile?
Mi domando perchè viene sfruttata la rete in questa maniera subdola quanto potente?
Mi chiedo, ancora, perchè arrivare a gesti così estremi? E perchè non chiedere aiuto prima?
E forse, questi ragazzi, avranno anche chiesto aiuto ma, sono stati ascoltati?
Ho letto che la ragazza che si è buttata dal balcone aveva cambiato scuola e compagnia di amici ma, è corretto? O è solo una fuga dal problema? E perchè non agire sul problema in maniera adeguata?
Altri ragazzi, hanno scelto di togliersi la vita perchè scherniti dagli "amici" e compagni, sia via web sia direttamente ma, cosa fare? Come agire?
Il ragazzo americano, che non ha sopportato le vessazioni che subiva, ha deciso di non vivere più la sua vita perchè era alla ricerca della sua identità e quindi si metteva lo smalto e vestiva con colori sgargianti. Lo consideravano "gay" e questa è stata una "buona" motivazione per darla vinta alle prese in giro e rinunciare a se stesso.
Questi ragazzi mancano di forza?
Mancano di coraggio?
I "bulli" peccano di presunzione ed onnipotenza?
E la società di fronte a questi accadimenti cosa fa? E cosa può fare?
I messaggi che vengono passati dai media, dagli educatori, dai genitori, dagli insegnanti quali sono? A cosa mirano?
Cosa andrebbe rivisto? Su cosa si deve lavorare affinchè ognuno possa vedersi garantito il diritto di libertà di espressione, compreso quello dell'essere?
Sono troppi gli episodi di razzismo e di omofobia e non sono più tollerabili nel 2013, quando uomini e donne hanno lottato per vedersi garantiti diritti ed uguaglianza.
Dall'insulto al giocatore di una squadra di calcio fino ad arrivare alle prese in giro del compagno di classe che segue stesso.
I valori della tolleranza e del rispetto andrebbero rivisti, ripresi e diffusi.
Non ci si può togliere la vita a 14 anni e non si può soprassedere.
Chiara
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sabato 5 gennaio 2013
Può sembrare un pensiero egoista ma, non lo è.
Mi domandavo: chi sono gli eroi? E dopo di che mi domando: sono certa che esistano?
Resto dubbiosa sulla loro esistenza, fino a che incappo in frasi dove medici, infermieri, paramedici e volontari vengono considerati tali, così come altre figure professionali.
Nonostante quelle frasi resto dubbiosa e non riesco a sentire quel senso di soddisfazione.
Proseguo con le mie riflessioni.
Un medico salva una vita? Bè, certo, qualora svolga bene il proprio mestiere, sì salva una vita. E questo lo rende un eroe?
Un soldato che in "missione di pace" aiuta le popolazioni colpite dalla guerra, è un eroe? Non credo, ma resta un mio pensiero, ha scelto di fare qual lavoro nella vita, non ha preso di sua sponte la strada verso paesi martoriati mettendo a repentaglio la sua vita. Riceverà un compenso, qualora torni in patria.
Un infermiere che svolge alla perfezione il suo lavoro, con amore e passione, è un eroe? Non lo so, davvero non lo so, per me si trova allo stesso livello del medico e del soldato. Ha studiato, ha fatto una scelta di vita e per quello che fa percepisce uno stipendio, adeguato o meno che sia.
Un educatore, uno psicologo, uno psichiatra, un assistente sociale che seguono un caso, lo seguono come possono e come devono, mettendo in gioco risorse personali ed istituzionali, confrontandosi e lottando contro le risorse che non ci sono (e questo discorso si potrebbe estendere anche al comparto medico), sono eroi? Credo di no, per me sono dei professionisti che hanno deciso di lavorare nel sociale.
Sono scelte non sono eroi.
Ci sono teorie che aiutano i professionisti a compiere i loro doveri e lavorare come ci si aspetta.
Non hanno degli strani super poteri, come nei cartoni o nei films, non sono eroi.
Siamo tutti umani, nessuno è un eroe a questo mondo.
Bisogna avere consapevolezza nella vita, comprendere che un uomo od una donna, qualsiasi abito indossino non hanno bacchette magiche, ma solo un cervello e (sicuramente) un cuore. E sono questi che li rendono medici, infermieri, educatori, assistenti sociali ed, ovviamente, volontari. Mai dimenticare il ruolo che svolgono i volontari, che non sempre sono una docile nonnina che non ha nulla da fare nelle sue "tediose" giornate, sia ben chiaro.
A conclusione di questo, no, per me, non ci sono eroi. Forse, ma dico forse, l'unica eroina che conosco è mia mamma, con tutti i suoi difetti ed i suoi meravigliosi pregi.
Ed io, forse, ma dico forse, sono l'acerrima nemica con la quale combattere ogni giorno con - davvero - troppe difficoltà.
Chiara
Resto dubbiosa sulla loro esistenza, fino a che incappo in frasi dove medici, infermieri, paramedici e volontari vengono considerati tali, così come altre figure professionali.
Nonostante quelle frasi resto dubbiosa e non riesco a sentire quel senso di soddisfazione.
Proseguo con le mie riflessioni.
Un medico salva una vita? Bè, certo, qualora svolga bene il proprio mestiere, sì salva una vita. E questo lo rende un eroe?
Un soldato che in "missione di pace" aiuta le popolazioni colpite dalla guerra, è un eroe? Non credo, ma resta un mio pensiero, ha scelto di fare qual lavoro nella vita, non ha preso di sua sponte la strada verso paesi martoriati mettendo a repentaglio la sua vita. Riceverà un compenso, qualora torni in patria.
Un infermiere che svolge alla perfezione il suo lavoro, con amore e passione, è un eroe? Non lo so, davvero non lo so, per me si trova allo stesso livello del medico e del soldato. Ha studiato, ha fatto una scelta di vita e per quello che fa percepisce uno stipendio, adeguato o meno che sia.
Un educatore, uno psicologo, uno psichiatra, un assistente sociale che seguono un caso, lo seguono come possono e come devono, mettendo in gioco risorse personali ed istituzionali, confrontandosi e lottando contro le risorse che non ci sono (e questo discorso si potrebbe estendere anche al comparto medico), sono eroi? Credo di no, per me sono dei professionisti che hanno deciso di lavorare nel sociale.
Sono scelte non sono eroi.
Ci sono teorie che aiutano i professionisti a compiere i loro doveri e lavorare come ci si aspetta.
Non hanno degli strani super poteri, come nei cartoni o nei films, non sono eroi.
Siamo tutti umani, nessuno è un eroe a questo mondo.
Bisogna avere consapevolezza nella vita, comprendere che un uomo od una donna, qualsiasi abito indossino non hanno bacchette magiche, ma solo un cervello e (sicuramente) un cuore. E sono questi che li rendono medici, infermieri, educatori, assistenti sociali ed, ovviamente, volontari. Mai dimenticare il ruolo che svolgono i volontari, che non sempre sono una docile nonnina che non ha nulla da fare nelle sue "tediose" giornate, sia ben chiaro.
A conclusione di questo, no, per me, non ci sono eroi. Forse, ma dico forse, l'unica eroina che conosco è mia mamma, con tutti i suoi difetti ed i suoi meravigliosi pregi.
Ed io, forse, ma dico forse, sono l'acerrima nemica con la quale combattere ogni giorno con - davvero - troppe difficoltà.
Chiara
martedì 1 gennaio 2013
2013...anno nuovo ma, ancora pensieri sociali
Ebbene sì, in barba a qualsiasi previsione, il 2013 è arrivato.
Mi fa un certo effetto dire "duemila e tredici", forse perchè - come ho riflettuto ieri sera prima di brindare - il 2012 è corso via, mi ha regalato così tante gioie e così tanti dolori che non mi sono accorta che la sua fine era giunta.
Un nuovo anno da affrontare e quello passato da rielaborare.
Il mio primo pensiero sociale di quest'anno, egoisticamente (o forse no?!) lo voglio dedicare a me, riprendendo le parole di una mia collega "è bello vedere un'as giovane e così piena di vita!".
Ecco, non voglio perdere la passione e la speranza, non voglio piegarmi al sistema come mi hanno chiesto diverse volte solo per "andare avanti", non voglio perdere il sorriso.
Voglio essere sempre me stessa, con i miei valori e le mie credenze. Con un obiettivo da raggiungere, ogni giorno.
Ho scelto un percorso di vita e lo voglio portare avanti, forse - in apparenza - non è propriamente un pensiero sociale ma, se condiviso, lo diventa?!
Sì che lo diventa!
Voglio che questo mio blog sia un veicolo di scambio, sebbene i commenti qui non siano floridi, ma altrove è mezzo di confronto e di crescita (sia per me che scrivo che per chi legge);
grazie a questo blog ho conosciuto diverse persone che hanno con-diviso le loro esperienze con le mie, o semplicemente regalato un incoraggiamento.
Ecco voglio proseguire anche questo blog.
Sono tutti pensieri sociali, anche quelli che non vengono espressi, ma che aspettano di "essere"
Buon 2013 a tutti e grazie.
Chiara
"Iniziare un nuovo cammino spaventa. Ma dopo ogni passo che percorriamo ci rendiamo conto di come era pericoloso rimanere fermi" R. Benigni
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