mercoledì 27 marzo 2013

"Ho fatto degli errori e adesso devo pagare"

Lunedì sera presso il Centro di Prima e Pronta Accoglienza.
La vita scorre e non c'è silenzio.
C'è sicuramente fame e l'attesa di ricevere qualcosa di caldo che sfami e riscaldi.
Ci sono persone, tutte diverse, con e sulle spalle un bagaglio culturale e di vita che non è facile immaginare.
Sorridono, ringraziano, sperano, cercano un contatto oppure hanno voglia di stare soli nel "loro" letto ed attendere che arrivi il mattino successivo, il faticoso mattino successivo.
Credo sia difficile "mettersi nei loro panni" nonostante tutti gli sforzi possibili., a volte non è possibile comprendere appieno il vissuto altrui, per il semplice fatto che noi non l'abbiamo vissuto e risulta essere così distante da quelle che sono la nostra esperienza e la nostra cultura.
Quando, però, scattano il bisogno ed il desiderio di parlare con qualcuno di cui ti fidi, avere qualcuno che sia in grado di ascoltare, di capire e di accettare credo possa colmare quella impossibilità di calarsi nei panni di altri.

Così è stato, alle 22 passate, dopo aver mangiato e fumato una sigaretta quel desiderio è emerso. Io, lo devo ammettere, ero stanca, ero assonnata, avevo anche un discreto dolore fisico, ma ero lì per mia scelta e lì volevo e dovevo essere. Si chiama responsabilità. 
Ho aperto prima di tutto il cuore, poi il cervello e ho spento il mio essere assonnata e dolorante, c'è chi aveva bisogno di me, ed io non potevo tirarmi indietro.
Una mezz'ora e forse più di racconto di vita, di parole sussurrate perchè lo spazio è piccolo e di movimenti eloquenti delle mani. Tempo trascorso a spiegarmi perchè lui si trova qui e cosa gli è accaduto prima, ha risposto alle mie domande ed io ho risposto ai suoi interrogativi.
Eravamo occhi negli occhi, un sottile profumo di rosa rossa ed una lezione di vita.
"Ho commesso degli errori ed ora è giusto che io paghi" mi ha detto in un italiano sdentato. 
Che poi a pensarci bene non sono errori perchè non hanno causato del male a nessuno, sono scelte di vita come lasciare il suo paese e la sua famiglia in seguito ad una situazione fin troppo dolorosa, lavorare in un paese estero per racimolare qualche soldo e non tenersi tutto per sè, ma aiutare chi aveva bisogno e trovarsi ora senza risparmi e "nessuno che mi aiuta adesso che sono io in difficoltà" ed infine rifiutare di iniziare una relazione perchè non "ho un lavoro, non ho una casa, non ho certezze".

Questo io lo chiamo essere consapevoli e non aver commesso errori.
Lo definisco essere maturi al punto tale di condividere con un'estranea - in fondo è quello che sono - 30 e più anni di vita.
La vivo come una lezione di vita; e forse è anche questo il bello del nostro lavoro. 
Ascoltare tante storie e tante voci che, in un modo od in un altro, qualcosa lasciano.
Non credo sia un lavoro a senso unico, non siamo un computer ma persone che vivono, sentono e percepiscono e da questo, ogni, volta dobbiamo farne un punto di partenza.

E quella sera sono tornata a casa con la mia rosa rossa, che adesso è a "testa" in giù a seccare e la metterò insieme agli fiori che, dopo essere seccati, mi ricordano una persona od una vicenda, come quella margherita colta in un anonimo prato di una fin troppo conosciuta città...

Chiara

mercoledì 20 marzo 2013

La "mia" giornata mondiale del servizio sociale


Ieri, 19 marzo 2013, si è svolta in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Servizio Sociale.
Il Word Social Work Day.
Non potevo mancare e non sono mancata.
Così, al mattino ho preso il treno - anzi due - e sono andata a Torino con un'amica e collega.
Arrivate a destinazione siamo state accolte da un'aula gremita di persone, ed io che ero in un'ultima fila avevo la completa visuale e, vi assicuro che vedere tutte quelle persone insieme per riflettere e confrontarsi è una bella immagine.
Le parole dei relatori, degli studenti dei corsi di laurea in servizio sociale sono state ottimi spunti di riflessione e sono un punto di partenza per poter lavorare, quotidianamente, con passione e serietà.
Non improvvisare, ma offrire servizi sempre più completi, attenti alla complessità, all'interno dei quali lavorano operatori che, fin dai banchi universitari, hanno ben chiaro quale sia l'obiettivo, perchè "il lavoro sociale è etico fino al midollo" .

Ma...perchè ho desiderato tanto partecipare alla giornata mondiale del servizio sociale?
Sono tanti i motivi, fra i tanti uno su tutti.
Per esserci. Perchè, certo, sono Chiara, sono un'amica, sono una figlia, sono una fidanzata, ma sono anche un'Assistente Sociale, ed esserci ha significato portare il mio piccolo e silenzioso contributo, ma anche per portare a "casa" qualcosa. Un pensiero, un monito, un proposito ed una speranza che ogni giorno mi accompagneranno.
Un altro, ma non meno importante, motivo era quello di incontrare visi amici e conoscere visi di persone che non avevo ancora avuto la fortuna di incontrare. Anche questo è un modo per esserci, allargare la propria rete di conoscenze, stringere una mano, sorridere ad una ragazza con la quale condividi passioni non è un "+" alla lista amici da sfoggiare on line, ma è un tassello della nostra vita, importante.

Ed a casa sono tornata stanca, ma felice. Sempre più convinta della scelta che ho fatto e che aveva ragione il mio professore di Organizzazione dei Servizi Sociali quando diceva "perchè il lavoro dell'Assistente Sociale è il lavoro più bello del mondo".

Chiara

mercoledì 6 marzo 2013

Non rubatemi i piccoli momenti quotidiani

Un'altra sbirciatina nella mia giornata l'avevo già scritto.
Dovevo cambiare titolo!

Sono giunta alla conclusione che è inutile chiedersi chi sia "normale" e chi no. Non ne abbiamo il diritto.
Trovo altrettanto inutile chiedersi se quella frase ha un senso, oppure no. Per chi la pronuncia ovviamente sì, lo ha. Questo è sufficiente.
Forse, il senso, sta solo nella voglia di dire qualcosa, comunicare qualcosa. Comunicare. Esprimere, del resto, io stessa con questo blog, potrei scrivere cose che per molti non hanno nessun senso, ma per me, che le ho pensate, sì...quindi meritano di essere espresse e di lasciarle vivere.
Ad esempio:

"È andato un treno nel mare, è diventato un aereo e sono nati i vichinghi!"
Seduti su di un piccolo divano con la televisione che faceva le bizze per il digitale che, ancora, col mal tempo non funziona.
Ci guardiamo, ci scrutiamo e così scopro la nascita dei vichinghi, forse prima non la conoscevo, forse prima non ero al corrente della "verità". E ci siamo alzati soddisfatti.

"Katmandù e non ci si pensa più"
In ufficio, lezione di geografia.
Una lista di luoghi sparsi nel mondo, che a pensarci bene, non so di preciso dove si trovino, li contiamo sulle dita ed arriviamo a nove con Katmandù, alzo il mignolo per fare "dieci" e..."non ci si pensa più".
Furbizia e genialità allo stato puro. Perchè spremersi ancora le meningi. "Non ci si pensa più!".

"Chiara oggi ti vedo un pò più bella. Perchè è come quando vai al bar ed il barista ti chiede, il caffè lo vuoi normale o macchiato!"
E certo! Io che il caffè lo prendo sempre macchiato, se il barista è un poco estroso eccolo lì, il caffè è un poco più bello con la schiumettina del latte, no?
Quindi, ne deduco che io sono un caffè macchiato. Caldo!

E poi l'abbraccio lungo il corridoio perchè...perchè ci siamo abbracciate? Non ci siamo parlate, ma si sono aperte due braccia e non si può non regalare le proprie, l'egoismo non fa per noi! Ma poi..."Anche io voglio essere abbracciata, Chiara". E regaliamo un altro abbraccio, perchè sono i piccoli momenti quotidiani che ti fanno dimenticare tutto quello che attorno non funziona.
Lavoriamo con le persone, lavoriamo per il benessere delle persone, ricordiamoci - però - che anche noi siamo persone.

Chiara

domenica 3 marzo 2013

"La mia è la 170"

"La mia panchina, è la 170, la tua Ale??"
"Io ad Occhieppo!"
E' finita così la conversazione che quest'oggi ho avuto con un paio di ragazzi conosciuti presso il Centro di Prima e Pronta Accoglienza di Biella.
Erano lì, sotto al sole a giocare con un cane, io passeggiavo e mi sento chiamare.
"Ehy, ciao!" rispondo con un sorriso riconoscendo il primo ragazzo, indiano. Ha la mia età ma è più alto di me. Si lasciava guidare dal cane, che però ha deciso che non poteva partecipare al nostro incontro.
Lui ed io chiamiamo gli altri ragazzi che ci stavano osservando.
Un momento fatto di sorrisi, strette di mano e qualche bacio sulla guancia perchè, come ho già scritto, siamo tutti persone normali.
Un momento normale, di un domenica normale.
Ci salutiamo, ci chiediamo come vanno le cose io posso dire che vanno discretamente, mentre loro...bè, non proprio. La lattina di birra in mano di uno di loro mi fa tornare alla mente ricordi poco piacevoli, l'alito del suo "collega" mi ha fatto sperare che non proseguisse fino a sera.
Mi chiedono, alla fine, perchè io non vado all' "Emergenza Freddo", emergenza freddo che sta a significare perchè non partecipo al piano emergenza freddo. Spiego loro che io andando al "dormitorio" non mi posso dividere, ma che so che loro beneficiano del servizio.
Un sorriso misto a delusione "Domenica finisce", dice il mio coetaneo.
Gli chiedo "Domenica prossima termina il piano?".
Ebbene sì, domenica dieci, qui a Biella termina il piano Emergenza freddo iniziato a dicembre.
Tre mesi, i più freddi, passati al caldo con un pò di cibo ed un letto caldo nel quale riposare.
Mi è venuto spontaneo chiedere "E poi, S.?"
"E poi banchina", mi dice voltandosi verso i giardini.
"Bancina 170, la mia è 170!"
Si accoda A. che tiene a precisare che lui non avrà la panchina qui a Biella, ma poco distante.
E lo dice ridendo complice forse quella lattina di birra, forse l'ennesima lattina di birra della giornata.
Rassegnata e con il cuore stretto in una morsa li ho dovuti salutare, pensando a domenica prossima.
Il letto sarà la panchina.
Dura. Scomoda. Non prendiamoci in giro, una panchina di chissà quanti anni piantata in un giardino pubblico è così. 
Lavarsi...c'è il bagno pubblico.
Il resto è un'incognita.
Il resto è la mia speranza, perchè ci siamo barricati dietro a "non dobbiamo fare assistenzialismo", ma è quello che per un motivo, o per un altro, stiamo facendo. Offrire un servizio fine a se stesso e non mi si fraintenda, sono felicissima ci sia stato il piano Emergenza Freddo.
Adesso vorrei esser ancor più felice e vedere nascere una spirale positiva che non costringa la persone a dover dormire su una panchina, ma che "costringa" la persone a lavorare, lavarsi, mangiare. Vivere. Dignitosamente.
Che la primavera sia clemente. Per adesso, solo questo.

Chiara